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Un Cinquecentenario vissuto con responsabilità ecumenica e consapevolezza globale

A colloquio con l’arcivescova svedese Antje Jackelén, intervenuta a Roma al convegno della Pontificia Università Antonianum su “Nuove letture della Riforma”

«A Lund sono avvenute molte cose nuove e impensabili solo fino a poco tempo fa. Come per esempio l’abbraccio ecumenico tra il papa e una arcivescova donna protestante!” Esordisce così Antje Jackelén, arcivescova luterana di Uppsala e primate della chiesa di Svezia, nel suo intervento dello scorso 16 gennaio all’Antonianum di Roma nell’ambito del convegno “Nuove letture della Riforma”. E’ stata lei ad accogliere lo scorso 31 ottobre nella cattedrale di Lund, in Svezia, papa Francesco e i rappresentanti della Federazione luterana mondiale (Flm) per la celebrazione ecumenica che ha aperto l’anno del Cinquecentenario della Riforma protestante (1517-2017). «Non solo l’evento in sé, ma anche la sua organizzazione – ci tiene a sottolineare Jackelén - è stata un’esperienza ecumenica arricchente che ha visto una stretta collaborazione tra il Vaticano e Ginevra, sede della Flm, ma anche tra Uppsala e Stoccolma, le due sedi principali della chiesa luterana e di quella cattolica in Svezia. Il papa è venuto a Lund non come semplice invitato, perché gli inviti – precisa l’esponente luterana - sono partiti congiuntamente sia dal Vaticano sia dalla Federazione luterana mondiale».

Davanti alla folta platea di studenti dell’Antonianum, l’arcivescova ha spiegato che i luterani intendono vivere il Cinquecentenario della Riforma con «responsabilità ecumenica e consapevolezza globale». Prima di tutto l’ecumenismo. «Essere ecumenici, in questo caso, non significa semplicemente invitare gli altri cristiani alle iniziative del Cinquecentenario – ha spiegato Jackelén -. Significa invece rileggere il proprio passato insieme agli altri cristiani». E’ quanto afferma il documento luterano-cattolico “Dal conflitto alla comunione” che propone una narrazione comune alle due confessioni della storia del XVI secolo e, al contempo, definisce alcuni imperativi per il futuro. «La liturgia di Lund dà bene l’idea di quanto possiamo condividere. Possiamo gioire insieme per l’evangelo e per i tanti doni che abbiamo in comune o che possiamo offrire gli uni alle altre; dobbiamo fare confessione di peccato per le ferite arrecate; possiamo impegnarci per il futuro nel proseguire su un cammino di riconciliazione e, soprattutto, nella comune testimonianza dell’evangelo in un mondo sempre più segnato da violenze e ingiustizie».

Questo per l’ecumenismo. Per la consapevolezza globale, invece, «è un dato di fatto che questo Cinquecentenario cade in un momento di crescita del cristianesimo. Non però in Europa ma nel sud del mondo!» E’ anche per questo che la prossima Assemblea generale della Flm si terrà questa primavera non in Germania o in un altro luogo storico della Riforma, ma a Windhoek in Namibia.

Se nella prospettiva globale non è un caso che «papa Francesco sia argentino e il segretario generale della Flm, Martin Junge, cileno», non è neppure un caso che a ricoprire l’incarico di arcivescova di Uppsala sia una donna. «Le chiese luterane nel mondo sostengono convintamente l’accesso delle donne al ministero pastorale e vescovile, come pure la loro presenza a ogni livello di responsabilità ecclesiastica». Certo ci sono eccezioni, come la decisione della chiesa luterana lettone che la scorsa primavera ha abolito la possibilità di avere donne pastore, ma si tratta appunto di eccezioni. Delle iniziative della prossima Assemblea della Flm troviamo così anche il percorso «Donne in cammino – da Wittemberg a Windhoek». «Limitare il ministero a un solo genere è, dal punto di vista luterano, un limite che impoverisce il ministero pastorale stesso», ha concluso l’arcivescova.

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