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Londra progetta un visto speciale per immigrati

La proposta delle imprese della capitale, che non vogliono perdere manodopera qualificata

La Gran Bretagna chiude le porte agli stranieri con la Brexit? E Londra trova il modo di aggirare lo sbarramento, aprendo un canale privilegiato per la sola capitale, che vuole restare aperta agli immigrati.

L’aveva detto il sindaco Sadiq Khan, all’indomani del risultato del referendum, che Londra non avrebbe tradito la sua politica di accoglienza: anche perché, aveva sottolineato il primo cittadino, questo favorisce e incentiva la crescita economica. Così Londra – e più precisamente tutto il territorio della Greater London delimitato dai 188 km della M25, il corridor, l’autostrada che circonda la metropoli – potrebbe autorizzare dei Visa speciali, dei permessi di soggiorno validi per chi voglia lavorare non più nel Regno Unito ma nella sola capitale.

Un’idea caldeggiata dai dirigenti delle imprese locali e in particolare dalla Camera del Commercio e dell’Industria, che non vogliono perdere lavoratori qualificati: una mossa per evitare carenza di competenze e anche la risposta alla Brexit di una città in cui i remain hanno superato i leave, segnando un passo opposto rispetto al resto del Paese.

Non sarebbe una novità assoluta, come ha dichiarato Tony Travers, direttore del Centro di ricerca Lse di Londra: «Altri paesi, come il Canada e l'Australia, hanno sistemi in cui i migranti possono vivere in parti designate del paese in cui vogliono o hanno bisogno di più immigrati – ha detto all’Express – perché non potrebbe essere Londra?». Secondo il professor Travers, regole differenti per Londra sono vitali per la sua economia, e potrebbero esserlo anche per le altre regioni del Paese.

«La Gran Bretagna potrebbe essere più simile a una federazione, come gli Stati Uniti o la Germania dove al governo centrale vengono demandati soltanto alcune mansioni, come la difesa», ha aggiunto, citando anche il caso di Scozia, Irlanda del Nord e Galles. Tra l’altro, proprio in conseguenza del risultato del referendum di giugno, il governo britannico deve varare una nuova legge sull’immigrazione.

Una proposta che solletica molti, visto che Londra in gran parte non è stata toccata dalla recessione, con la conseguenza che la capitale dal 2010 ha creato dieci volte più posti di lavoro del settore privato di qualsiasi altra città britannica.

Non tutti però sono d’accordo con la proposta: il timore è che Londra finirebbe per dichiararsi indipendente dal resto del Regno Unito e che la frammentazione della politica nazionale sull’immigrazione danneggi l’immagine della capitale e crei problemi a una politica globale sui migranti.

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