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Presinodo delle donne: «Innovatrici complementari o scomode?»

Non più ragazza, ma ancora giovane, la Fdei compie 40 anni e si interroga sul ruolo delle donne nella chiesa e nella società

40 anni, l’età giusta per fare un primo bilancio della propria vita. Un’età che all’epoca della nascita della Federazione delle donne evangeliche in Italia (Fdei) significava, di norma, l’avere raggiunto una serie di traguardi (lavoro, famiglia, figli), oggi molto più incerti…

Ed è proprio calandosi nel presente che le donne della Fdei si sono riunite, nel consueto «presinodo»: si è parlato di femminicidio, donne migranti, precarietà nel lavoro e nella vita, ma anche di orgoglio, libertà, dignità, capacità di portare rinnovamento.

Proprio quest’ultimo aspetto, espresso provocatoriamente dal titolo dell’incontro, che è anche il titolo del volume collettivo pubblicato da Edizioni Com Nuovi Tempi per l’anniversario, ha costituito il filo conduttore del pomeriggio di sabato 20 agosto alla Galleria Scroppo di Torre Pellice.

Un pomeriggio caratterizzato dal lavoro in cinque gruppi, corrispondenti ad altrettante sezioni del libro: Leadership, Qualità della vita, Cultura, Spiritualità e predicazione, Diaconia. A gruppi di 10-15, laiche, diacone e pastore, di diverse denominazioni, generazioni e provenienze geografiche, si sono confrontate attraverso le loro esperienze e competenze professionali. Da ognuno sono emersi numerosi spunti di riflessione, che si ritrovano nelle parole dell’acronimo distribuito in un volantino, e che scioglie la sigla Fdei in quattro temi chiave: femminicidio, dignità, Evangelo, insieme.

La critica a una società che spesso svaluta e reprime la figura femminile, la denuncia di una violenza esplicita ma anche sotterranea, devono accompagnarsi alla consapevolezza di sé e del proprio valore. Come ha sottolineato appassionatamente nel suo intervento conclusivo Bruna Peyrot, ci occupiamo giustamente di temi quali emarginazione, diritti non riconosciuti, violenza: ma le nostre vite non le abbiamo vissute così, e nemmeno le nostre “madri storiche”, il mondo protestante ci ha dato qualcosa di diverso: e allora perché non rendere più visibili queste esperienze di forza, di coraggio? Potremmo dare al mondo un contributo migliore di quello che stiamo dando.

Ecco quindi la necessità di esprimere e vedere riconosciuta la propria dignità: poter realizzare una forma di leadership in cui autorevolezza non è sinonimo di autoritarismo, potere, ma accompagnamento, responsabilità. Poter costruire liberamente il proprio spazio vitale, una qualità di vita adeguata a sé e non preformata su modelli maschili; superare gli stereotipi di cui sono vittime le donne, ma non solo.

E qui si viene alla quarta parola dell’acronimo, insieme, un aspetto sottolineato da diversi gruppi: insieme alle donne, ma anche agli uomini. È impensabile una battaglia civile o politica, un rinnovamento culturale e sociale, una testimonianza evangelica, in cui i due generi siano considerati due entità separate: perché «la linea di demarcazione non è tanto fra i sessi ma fra le menti», è stato detto nel gruppo sulla diaconia.

Da quest’ultimo e da quello su predicazione e spiritualità sono venute ovviamente le indicazioni maggiori rispetto alla quarta parola dell’acronimo: Evangelo. Qui nello specifico si è riflettuto sul contributo delle donne nella vita delle chiese (valdesi, metodiste, battiste, pentecostali, esercito della Salvezza…), e sono emerse esperienze legate a modi anche molto diversi di intendere la figura del pastore o la diaconia.

Il dibattito resta aperto: proseguirà con altri tre incontri regionali, ma l’invito è a estenderlo ai gruppi locali, insieme alla petizione che sarà consegnata al ministro Maria Elena Boschi il prossimo 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne.

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