Francia: vincere la paura con il dialogo e l'ascolto, lottando per i più deboli
10 agosto 2016
Jane Stranz, Federazione Protestante di Francia: «il protestantesimo, che vive da sempre nella diversità, può parlare del suo modo di vivere e aiutare ad accettare l'altro». Ma la povertà, l'esclusione e il razzismo non sono punti di partenza per vivere insieme
Il mattino del 26 luglio 2016 due persone sono entrate in una chiesa cattolica a Saint-Étienne-du-Rouvray, vicino a Rouen, in Francia, prendendo in ostaggio sei persone e assassinando il parroco che stava celebrando la messa. La polizia ha ucciso i due aggressori quando sono usciti dalla chiesa. Reazioni di sostegno alla comunità cattolica sono arrivate da confessioni e religioni diverse, «anche il presidente della Federazione Protestante di Francia – ricorda Jane Stranz, pastora e responsabile dell'ecumenismo per la Fpf – ha espresso il suo dolore. Le differenti religioni e il protestantesimo in Francia hanno reagito con compassione allo shock verso i nostri fratelli e sorelle cattolici davanti a questo dolore terribile. Occorre portare un messaggio di solidarietà ma anche lavorare insieme: non abbiamo altre armi se non la preghiera e il provare a essere operatori di pace».
In Francia è l'unità a essere messa sotto attacco: cos'altro?
«La situazione qui è difficile: penso che non ci sia nessun responsabile di chiesa, ma anche nelle altre religioni, che non sia sia espresso contro questo attacco. Ma è stancante, è pesante. Molte persone in questo momento pensano alle proprie vacanze e invece devono gestire delle urgenze terribili e drammatiche. Non riusciamo neanche a elaborare il lutto, vista la velocità con cui si susseguono gli eventi. In un primo momento bisogna essere all'ascolto di fronte alla nostra impotenza, e non è facile in un mondo moderno dove esigiamo l'efficacia e spingiamo i politici a prendere delle posizioni sempre più dure. In questo abbiamo la responsabilità di mettere la parola dell'Evangelo, radicato nella nostra fede in Gesù Cristo, e la nostra responsabilità per il dialogo. Tutti stanno esprimendo compassione, ma c'è una volontà di compiere azioni diverse. Ci sono state altre vittime in tutto il mondo, non solo qui, non possiamo relativizzare davanti a questa violenza. Margot Kässmann, vescovo in Germania e ambasciatrice della Riforma 2017 dice che non possiamo mai cadere più in basso di quanto la mano di Dio non possa raccoglierci. Per i nostri Paesi occidentali abbiamo bisogno di sentire queste parole. Non siamo ad Aleppo o a Baghdad, luoghi in cui ci sono violenze simili tutti i giorni: non possiamo utilizzare la paura e sostenere che siamo sempre vittime, ma dobbiamo essere in ascolto di questa paura e anche rendere concreti degli atti di pace, di dialogo e di fraternità, in modo chiaro, così come esigere dalla politica la lotta per la giustizia nella società, partendo dai più poveri e i più deboli».
Parliamo spesso della sconfitta dell'integrazione in Francia: che contributo possono dare le chiese per questo?
«Se ne parla spesso, ma è troppo facile parlarne in questi termini. Non ci sono soluzioni miracolose ai fallimenti delle nostre società materialiste, quasi post–capitaliste, nelle quali ci sono persone che sono a fianco dei fenomeni di cui stiamo parlando e persone che non trovano senso in questa complessità e diversità. Penso che il protestantesimo, che vive da sempre nella diversità, possa parlare del suo modo di vivere e aiutare ad accettare l'altro. Un contributo sicuramente importante, ma non penso che le chiese abbiano delle lezioni da dare. Le chiese devono incoraggiare le donne e gli uomini che si impegnano sul terreno: i professori per i quali il lavoro di integrazione è molto difficile, per esempio, o gli educatori di strada, gli assistenti sociali, chi lavora su progetti sociali e così via. Dobbiamo incoraggiare le vocazioni nel lavoro sociale, un lavoro pesante in Francia. Il fallimento non è totale, ma parziale, perché ci sono comunque dei successi nel nostro Paese, ma la povertà, l'esclusione e il razzismo non sono punti di partenza per vivere insieme. Dobbiamo incoraggiare chi si impegna a costruire un mondo e delle società migliori, più giuste per tutti. Un mese fa abbiamo incontrato i protestanti italiani, che ci hanno parlato dei Corridoi umanitari: una visita che ci ha incoraggiato e che ancora una volta conferma che è attraverso i piccoli passi che si può cambiare il mondo».