Viaggiare (a piedi) per scoprire se stessi
L’esperienza di due giovani lusernesi
Luserna San Giovanni - Ardeche, andata e ritorno: 10 giorni di cammino, 350 chilometri percorsi e 4 chili in meno. Sono questi i numeri del viaggio di Pietro Canale e Martino Durand Varese. Ed è proprio Pietro che incontriamo per farci raccontare la loro esperienza.
Perché siete partiti?
«Per fare una vacanza alternativa, ed anche per metterci alla prova. È stata un po’ una sfida».
Qual è la prima sensazione che ti porti dietro?
«Un sorriso. Se ci penso mi sento felice. È un’esperienza che consiglierei a tutti».
Se dovessi descrivermi il viaggio con un’immagine?
«Una sera, dopo tutto il giorno di cammino, avevamo solo i pantaloncini addosso, ci siamo guardati e abbiamo sospirato, sai uno di quei sospiri lunghi, perché avevamo raggiunto un piccolo traguardo. E ricordo che Martino mi ha detto: “pensa se potessimo vivere sempre così, come in questo momento”. Mi sono sentito davvero bene in quell’istante».
Che cos’hai imparato da quest’avventura?
«A dare più tempo al tempo, a correre meno. Camminare ti da un’idea diversa sul tempo. E poi ho imparato ad ingegnarmi un po’ sulle cose. Se dovessi trovarmi in una situazione di emergenza sarei più preparato. In questi 10 giorni abbiamo dormito ovunque, ma mai in un campeggio, per evitare spese. Una notte abbiamo dormito in un giardino pubblico, a Ventavon, e ci siamo svegliati con la tenda allagata: era partita l’irrigazione! Ci siamo lavati dove capitava, nei fiumi, anche in un lavatoio».
E con il cibo?
«Avevamo alcune cose che ci siamo portati da casa, e poi alcuni attrezzi per cucinare. Quando si poteva mangiavamo quello che trovavamo: ciliegie, fragole. Una sera abbiamo conosciuto un ragazzo che viaggiava come noi, e abbiamo mangiato insieme. Noi avevamo le pentole e la pasta, lui olio e altri avanzi. L’abbiamo chiamata, scherzosamente, la pasta dei campioni. Il giorno dopo poi ci ha fatto vedere dove prendere gli scarti del mercato».
Qua lo faresti mai, andare al mercato a prendere gli scarti?
«No, forse no. Perché qui sei conosciuto, la gente ti giudica. E questa è un’altra cosa che ho imparato, a giudicare di meno. Quando eravamo stanchi di camminare abbiamo fatto autostop, e in Francia ci caricavano tutti. In Italia solo un paio di italiani ci hanno dato un passaggio, gli altri erano tutti stranieri. Ho notato che noi italiani siamo più diffidenti. Da lì mi sono fatto la promessa che d’ora in poi ogni volta che vedrò qualcuno fare l’autostop gli darò un passaggio!»
Com’è stato il rientro?
«Quando sono arrivato a casa e sono entrato in camera mia ho visto un sacco di magliette e vestiti, e mi sono chiesto “ma cosa me ne faccio di tutta questa roba?”. Quando ero in cammino avevo solo il mio zaino. E mi bastava».