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La Chiesa metodista unita evita fratture

Una apposita commissione creata durante la Conferenza generale giudicherà le questioni del pastorato gay e lesbico e del matrimonio fra persone dello stesso sesso

Dopo 44 anni di dibattiti attorno ai temi delle preferenze sessuali, la Chiesa metodista unita (Umc, United Methodist church) ha approvato, con un margine risicato di voti, durante i lavori della Conferenza generale, una risoluzione per consentire ai vescovi di creare una commissione ad hoc che avrà proprio il compito di rivalutare le norme in materia, con un’attenzione particolare agli orientamenti sessuali del clero e al matrimonio fra persone dello stesso sesso.

428 voti contro 405, una vittoria sul filo di lana per una soluzione di compromesso che ha il pregio soprattutto di prendere tempo ed evitare il rischio di fratture fra le varie anime del metodismo, per lo meno nell’immediato. Ed evita inoltre l’apertura di un procedimento disciplinare nei confronti degli oltre 100 pastori che nell’immediata vigilia della Conferenza generale avevano fatto giungere il proprio coming out , dichiarandosi gay e lesbiche e rischiando concretamente di venire rimossi dal ministero. La commissione prenderà in carico anche questa situazione, che al momento risulta quindi congelata e rinviata.

Deluse di contro le anime più conservatrici, insoddisfatte per il troppo tempo dedicato a questi temi, a discapito di altri ritenuti più urgenti, quando a loro avviso la disciplina di chiesa detta già chiaramente le norme ed indica la pratica dell’omosessualità come incompatibile con la dottrina cristiana.

La Chiesa metodista unita conta circa 12 milioni di fedeli nel mondo, e di questi oltre 7 vivono negli Stati Uniti e ne fanno la terza congregazione religiosa del Paese, dopo la Chiesa cattolica e la Convenzione battista del Sud.

Mentre molte altre denominazioni protestanti, come la Chiesa presbiteriana e la Chiesa evangelica luterana in America hanno mutato le proprie regole per consentire il pastorato e il matrimonio anche a persone dichiaratamente omosessuali o lesbiche, la Chiesa metodista ha per ora mantenuto posizioni contrarie. Ciò è dovuto soprattutto al crescente peso numerico e di influenza dei rami africani e asiatici che sull’argomento esprimono posizioni più conservatrici. Le stesse tensioni le sta vivendo in questi anni la Chiesa anglicana, impegnata a far convivere le diverse sensibilità in materia.

Le anime più liberal del panorama metodista avevano sperato che la crescente accettazione del matrimonio omosessuale e dell’ordinamento di pastori gay o lesbiche in altre chiese avrebbe svolto un ruolo da stimolo e traino per i delegati riuniti nella 10 giorni di dibattiti a Portland. Ma quando si è invece palesato il rischio di un muro contro muro il Consiglio, formato dal plenum dei vescovi provenienti da tutte le aree del globo, ha proposto di rinviare le oltre cento mozioni inerenti le questioni sessuali. Ad occuparsene sarà dunque una commissione apposita che avrà il compito di intraprendere un esame completo del libro di disciplina nelle parti che riguardano la sfera affettiva, proponendo eventuali revisioni o giudicandole invece complete e sufficienti. In questo secondo caso si riaprirebbero le porte dell’espulsione per i molti pastori che hanno dichiarato nel tempo il proprio orientamento sessuale o hanno celebrato matrimoni unisex.

Nel corso della Conferenza sono state anche proposte, da parte di gruppi vicini alle battaglie del popolo palestinese, 4 mozioni, bocciate dall’assemblea, volte a proporre un boicottaggio da parte dei membri di chiesa nei confronti di quelle aziende che traggono o trarrebbero profitto dall’occupazione israeliana in Cisgiordania. Sul tema è intervenuta nei giorni scorsi la candidata alla Casa Bianca Hillary Clinton, metodista praticante, da sempre vicina a Israele: senza mai menzionare i lavori in corso della Conferenza ha rimarcato la non bontà della proposta, che a suo avviso non farebbe altro che aumentare le divisioni e i reciproci isolamenti, minando il dialogo, elemento essenziale per il raggiungimento di una pace duratura.

Traduzione di Claudio Geymonat da The New York Times

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