Svizzera. Protezione in chiesa ad una famiglia cecena
11 maggio 2016
A Kilchberg vicino Zurigo la comunità riformata offre “asilo ecclesiastico” ad una famiglia cecena che altrimenti verrebbe espulsa
La chiesa riformata di Kilchberg, comune sul lago di Zurigo (Svizzera), ha concesso «asilo ecclesiastico» ad una famiglia cecena, la cui richiesta di protezione internazionale è stata rifiutata.
E’ quanto si apprende da un comunicato stampa diffuso lunedì 9 maggio dalla stessa comunità, che sta dando rifugio nella casa pastorale alla famiglia composta da 6 persone: genitori e 4 figli minori, arrivati in Svizzera quattro anni e mezzo fa. Ora il Tribunale amministrativo federale ha respinto un ricorso della famiglia contro l'espulsione. La polizia ha cercato una prima volta di «accompagnare» la famiglia con la forza in aeroporto, traumatizzando anche i bambini, ha dichiarato Markus Vogel, vicepresidente della comunità locale. Il secondo tentativo delle forze dell’ordine è andato a vuoto: dopo l’irruzione nell’abitazione della famiglia avvenuta il 19 aprile alle 3.30 di notte la polizia non ha trovato nessuno. Erano già tutti sotto la protezione della comunità godendo del cosiddetto Kirchenasyl, una pratica millenaria che consiste nel dare rifugio in chiesa a chi è perseguitato, che tuttavia non ha effetti formali, e non è previsto da alcun codice normativo. Spiega Vogel: «Si tratta di un atto simbolico».
Tuttavia, la decisione della comunità riformata è dovuta alla necessità di garantire alla famiglia, e soprattutto ai minori, la tutela dei loro diritti. Inoltre, il padre, se rimpatriato, sarebbe in pericolo di vita. Non lo dice la comunità riformata, bensì un rapporto di Amnesty International. A sostegno della famiglia si è schierato anche il comitato Hier zuhause (A casa qui), composto da più di 2600 persone in tutta la Svizzera, e che ha già avanzato ricorso presso il Comitato ONU previsto dalla Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, si legge nel «Tages-Anzeiger».
L’asilo ecclesiastico, inteso come «zona di protezione religiosa» dov’è tollerata la deroga dal diritto vigente, veniva praticato soprattutto nel Medioevo. Le chiese, i parroci, i monasteri davano rifugio a chi in coscienza era ingiustamente perseguitato. Con l’arrivo dello stato di diritto moderno questa consuetudine è andata persa. Torna in auge a partire dagli anni ‘80, soprattutto in Germania, come mezzo per evitare la violazione dei diritti fondamentali di persone a cui le autorità non hanno riconosciuto lo status di rifugiato.