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Il Canada legifera sul «suicidio assistito»

Sul disegno di legge presentato dal governo Trudeau si addensano i dubbi delle chiese canadesi. Anche protestanti

Giovedì scorso il primo ministro canadese Justin Trudeau ha presentato al paese un disegno di legge sul suicidio medicalmente assistito. Se approvata dal parlamento, questa normativa consentirà a cittadini canadesi affetti da «mali seri e incurabili, causa di durevole dolore fisico e psicologico» di richiedere al proprio Stato gli strumenti medici e amministrativi per porre fine, nella legalità, alla propria vita.

«La proposta di legge – ha precisato il ministro della Giustizia Jody Wilso-Raybould – consente di ricorrere al suicidio medico assistito soltanto a pazienti adulti consenzienti e responsabili, affetti da mali incurabili e irreversibili, la cui morte è ragionevolmente prevedibile». Secondo questa definizione, non potranno accedere a questa pratica i malati cronici, i minori e le persone affette da disabilità mentale. Soprattutto: non potranno accedervi i cittadini non canadesi, esclusi dal servizio sanitario nazionale. Un provvedimento, specificano dal governo, preso per impedire il fenomeno del «turismo della morte».

Il disegno di legge si fonda sulla convinzione che, grazie al livello raggiunto dalla scienza medica, la morte sia un evento «ragionevolmente prevedibile»: di fronte a un percorso segnato, ragionano i promotori, al paziente va accordato il diritto di evitare le sofferenze che ne derivano. Ciò detto la legge attualmente al vaglio non implica, lo spiega bene il «New York Times», che il paziente che richiede di morire sia, in quel momento, in una condizione «terminale»: perché tecnicamente non lo sono, ad esempio, le persone affette da comprovate deficienze del sistema immunitario. Per accedere al suicidio assistito sarà necessario il parere favorevole di due medici «indipendenti»; dopodiché il paziente avrà quindici giorni di tempo per confermare o ritrattare la propria decisione. Nel caso in cui scelga di morire, potrà farlo assumendo in prima persona farmaci prescritti o richiedendo l’assistenza di medici deputati. Ai famigliari sarà garantita la possibilità di seguire da vicino la dipartita della persona cara. Nessun medico obiettore sarà obbligato ad assistere o autorizzare i suicidi, ma vigerà per tutti il dovere professionale di indicare ad eventuali pazienti intenzionati al suicidio un collega disposto a seguirli.

Poco più di un anno fa la legge canadese vietava espressamente qualsiasi forma di suicidio assistito. Ma il 6 febbraio 2015, dando seguito a un ricorso della British Columbia Civil Liberties Association, la Corte Suprema ha ribaltato una sua sentenza del 1993 e ha dichiarato incostituzionale questo divieto: al governo in carica – allora conservatore, poco incline ad affrontare il tema – venne concesso un anno di tempo per lavorare ad una nuova norma. Ma in autunno si tennero le elezioni politiche, e l’avvicendamento al governo dei liberali costrinse la Corte a concedere quattro ulteriori mesi, fino al 6 giugno 2016.

Nel corso della sua campagna elettorale, il candidato liberale Justin Trudeau aveva espresso parere favorevole alla morte medicalmente assistita, portando a sostegno delle proprie tesi la sua esperienza personale al capezzale del padre, il celebre ex premier Pierre Trudeau, venuto a mancare nel 2000. Insediatosi al governo in novembre, Trudeau «junior» non ha tardato ad affrontare la questione, istituendo già in dicembre un’apposita assemblea parlamentare (composta da diciassette deputati e cinque senatori di vari partiti) con l’incarico di elaborare la nuova legge. Dopo 16 sessioni di lavoro, lo scorso febbraio l’assemblea ha partorito due relazioni: una di maggioranza, dal titolo «L’aide médicale à mourir: une approche centrée sur le patient» e una di minoranza, firmata da quattro parlamentari conservatori. I punti contestati dai conservatori erano essenzialmente due: il facile accesso al suicidio assistito, accordato nella bozza liberale anche ai minori, e il nodo relativo all’obiezione di coscienza dei medici. Se il primo punto è stato risolto dando ascolto alle istanze conservatrici, sul secondo punto il disegno di legge presentato in questi giorni dal governo è molto simile alla relazione di maggioranza.

Considerando i numeri del parlamento, è prevedibile che la legge passi. Il governo ha tuttavia promesso un dibattito d’aula aperto, che non escluda modifiche al disegno di legge. Alcuni deputati liberali hanno dichiarato di non potere votare il disegno, perché in conflitto con le proprie convinzioni religiose – la Chiesa cattolica canadese, maggioranza nel paese, ma anche rappresentanti protestanti, ortodossi, ebrei, musulmani hanno espresso la propria contrarietà al suicidio assistito. D’altro canto, come ricorda il capogruppo dei liberali alla Camera di Comuni Dominic LeBlanc, è stata la Corte Suprema a stabilire, peraltro in maniera unanime, che ai cittadini canadesi vada riconosciuto questo diritto: qualsiasi slittamento dell’approvazione oltre la soglia fissata del 6 giugno non farebbe che prolungare un vuoto legislativo che comunque andrà colmato.

Se il disegno di legge dovesse passare, il Canada si unirà al gruppo di paesi che già legittimano una qualche forma di suicidio assistito. Stando a quanto riportato da «The Guardian», ad oggi il suicidio medicalmente assistito – una pratica che, lo abbiamo scritto e lo ricordiamo, va tenuta distinta dall’eutanasia sia attiva che passiva – è legale in alcuni stati americani (Washington, Vermont, Montana, Oregon, da poco anche California) e in una minoranza di paesi europei, fra cui Lussemburgo, Svizzera, Paesi Bassi e Belgio.

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