Nell'Europa del 2016 si continua a normare il corpo della donna per un'idea religiosa
06 aprile 2016
Arcidiacono: «negare il diritto di decidere della propria vita non ha nulla a che fare con la fede»
In Polonia, il partito di governo Diritto e giustizia (PiS) vuole rendere più rigida la legislazione sull'aborto per essere più fedele agli insegnamenti della chiesa cattolica. Attualmente nel paese è possibile interrompere la gravidanza solo quando minaccia la vita o la salute della madre, se il bambino è a rischio di invalidità permanente o se la gravidanza proviene da una violenza. Il nuovo testo vuole permettere l'aborto solo in caso di rischio per la madre con la pena di cinque anni di carcere, in caso di violazione. A Varsavia, nel corso di una messa cattolica, alcune donne sono uscite durante la lettura di una lettera a favore della proposta di legge e il 3 aprile migliaia di persone sono scese in piazza per protesta. Qualche mese fa, in Italia si è discusso di un decreto legge che depenalizzando il reato di aborto clandestino, innalza le sanzioni per le donne da 51 a 10.000 euro. A proposito di etica, norma e religione sul corpo della donna, commentiamo la notizia con Cristina Arcidiacono, pastora battista e segretaria del Dipartimento di teologia dell'Unione delle Chiese Evangeliche Battiste Italiane.
Cosa pensa della notizia?
«Mi preoccupa e mi indigna. Questo disegno di legge viene associato a un ritorno al cristianesimo. Ma associare alla fede il divieto di decidere sulla propria vita e sul proprio corpo, vuol dire voler ignorare che il centro della fede cristiana è una promessa di vita nuova vissuta pienamente: restringere il diritto di decidere della propria vita non ha nulla a che fare con la fede. Mi indigna perché ancora una volta si decide sul corpo di chi non ha il potere, delle donne in questo caso: in un tempo di crisi, questa si vede anche nell'erosione dei diritti, e i primi che vengono attaccati sono quelli dei più deboli, delle donne o dei migranti per esempio».
Utilizzare il cristianesimo per giustificare queste scelte restrittive non è certo una novità.
«È vero, e mi vengono in mente le parole dell'apostolo Paolo ai Corinzi quando parla di reciprocità del rapporto di coppia: il marito è padrone del corpo della moglie e la moglie è padrona del corpo del marito, cosa che però anche nei codici civili dei paesi più democratici non avviene. In Italia lo abbiamo visto accadere dopo la riforma del diritto di famiglia, ma c'è un'idea del diritto associata a una visione tradizionale della religione cristiana in cui l'uomo dispone del potere e norma. Egli norma anche della fede, decidendo del corpo di chi è normato. Questo è scandaloso nel senso di non aderente a una fede in cui vi è reciprocità e al cui centro vi è il corpo di Cristo come parola che si è fatta carne. Anche quello è stato un corpo normato che poi ha subito la crocifissione attraverso la legge. È vero che come donne siamo associate alla croce di Cristo, ma abbiamo bisogno di fare il passo ulteriore, cioè ricordarci che viviamo all'interno di un tempo di resurrezione in cui riconosciamo reciprocamente la pienezza di vita del prossimo. L'interruzione di gravidanza è visto come un problema etico invece che una questione di salute delle donne e, ovviamente, come una questione di autodeterminazione delle donne».
Foto: CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=196835