I cristiani per il rispetto della legalità in Brasile
31 marzo 2016
Tveit: «le chiese preghino per il Paese»
Da molti mesi il Brasile vive un periodo di grave difficoltà politica. Settori del potere giudiziario, della polizia federale e la maggioranza dei mass media monopolistici operano senza rispetto dei dettati della Costituzione del 1988 per modificare il quadro politico uscito dalle elezioni della fine del 2014. Dal 4 marzo 2016 il processo di destabilizzazione ha subito una forte accelerazione. Ampia è la mobilitazione in difesa della legalità e della fedeltà alla Costituzione. Diverse istituzioni religiose hanno espresso la loro preoccupazione a livello internazionale e interno.
In una dichiarazione del 23 marzo, il pastore Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Cec), ha espresso la propria preoccupazione per le turbolenze sociali e politiche in corso in Brasile, esortando le chiese cristiane e tutti i settori della società brasiliana «a difendere i principi democratici, a rispettare i diritti umani fondamentali e assicurare libertà di espressione e opinione a tutti». Tveit ha sottolineato la necessità di «rispettare la dignità umana e lo Stato di diritto al fine di evitare l’incitamento alla violenza attraverso un discorso di odio». E ha aggiunto: «è importante che casi sospetti di corruzione siano pienamente investigati, rispettando i diritti costituzionali delle persone indagate, e che la società brasiliana e gli attori politici prevengano l’incitazione alla violenza e superino la crescente polarizzazione e radicalizzazione nel paese». Tveit ha anche affermato che «la futura stabilità democratica in Brasile è molto importante per tutti i gruppi di cittadini del paese, ma anche per l’America Latina nel suo insieme». Che dunque le chiese in Brasile «preghino per il paese, promuovendo il rispetto dello Stato di diritto e si facciano ambasciatrici della riconciliazione in nome del Signore Gesù Cristo».
Il 24 marzo un movimento che riunisce migliaia di evangelici in tutto il paese, con la partecipazione di oltre 1500 pastori, ha divulgato un manifesto per la normalità democratica. Il testo, chiaro e conciso, denuncia la selettività dei media nel trasmettere l’informazione, richiama i propri fedeli a non entrare nel gioco della condanna affrettata, chiede il rispetto del voto (del 2014). Il pastore Ariovaldo Ramos è primo firmatario del documento e coordina il movimento.
Il 20 marzo il vescovo della diocesi di Cratéus (CE) don Ailton Menegussi in nome della Cnbb (Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile) ha pronunciato una forte omelia di condanna delle manovre destabilizzanti in atto, con dichiarazione inequivocabili. «Noi non accettiamo che nessun partito politico approfitti di questa crisi per fare un golpe nel paese. Noi, Cnbb, non siamo interessati a cambiare semplicemente di governo, noi vogliamo che il paese sia rispettato, che il cittadino brasiliano sia rispettato, è questo che vuole la Cnbb. Noi non appoggiamo un cambiamento di governo, di persone interessate che vogliono solo insediarsi e che sono carrieriste».
E già il 10 marzo, il Consiglio della Chiesa Presbiteriana Unita del Brasile (Ipu) condannava la spettacolarizzazione di alcune operazioni giudiziarie: «Le spettacolarizzazioni di attività meramente investigative creano un brodo di cultura pernicioso, permeato di odio per chi la pensa in modo diverso, che potrà degenerare». Il documento ricorda che la IPU, fondata nel 1978, «proviene da un presbiterianismo che, da un lato si è alleato con la dittatura militare, negando il Pronunciamento Sociale della Chiesa Presbiteriana del 1962, ma che, dall’altro lato, ha offerto martiri in difesa della causa dei poveri e delle libertà politiche. Sempre sarà fedele alle sue radici e farà risuonare la voce profetica della Giustizia che deve scorrere come i ruscelli».