La Comunione anglicana ancora divisa sui temi sessuali
18 marzo 2016
I vescovi delle province africane minacciano boicottaggi in vista del Consiglio consultivo previsto ad aprile
Non c'è pace per la Comunione anglicana, e sono sempre le questioni relative alla sfera sessuale a causare malumori e rischi di scismi. Come troppo spesso ancora accade un po' ovunque nel mondo e non certo soltanto fra gli anglicani, i tabù relativi alle scelte intime di ogni individuo diventano materia di contenziosi dottrinali, rischiando di polarizzare sforzi e attenzioni a scapito di priorità che dovrebbero essere per lo meno ben più pressanti.
Sono anni che il mondo anglicano appare inchiodato sulla questione delle ordinazioni sacerdotali di persone dichiaratamente omosessuali e sulle posizioni relative alle benedizioni o alla celebrazione di matrimoni fra persone dello stesso sesso. Le fughe in avanti in questo senso della Chiesa del Canada e della Chiesa episcopale statunitense (la prima nel 2005 a nominare come vescovo una persona apertamente gay, il reverendo Gene Robinson )hanno provocato le prese di posizione delle province asiatiche ma soprattutto di quelle africane, in un braccio di ferro sempre più duro che ha portato alla recente votazione che ha sancito la sospensione per 3 anni del ramo americano, che in sostanza in questo periodo non potrà partecipare alle principali riunioni deliberative plenarie.
L' Acc, il Consiglio consultivo anglicano è uno degli strumenti di amministrazione della Comunione anglicana creato dopo la Conferenza di Lambeth del 1968 al fine soprattutto di condividere azioni e relazioni fra tutti i membri, ragionare su azioni comuni da intraprendere, promuovere l'ecumenismo. Non si riuniva dal 2012. Allora fu la capitale della Nuova Zelanda Auckland a ospitare il meeting che ora, ad aprile, dovrebbe svolgersi in Zambia.
Ma il condizionale è più che mai d'obbligo, e simili tira e molla stanno diventando una triste prassi che certo deve togliere ore di sonno all'arcivescovo di Canterbury Justin Welby. La Chiesa anglicana in Kenia ha annunciato in questi giorni di considerare seriamente l'opzione di non parteciparvi, dal momento che Michael Curry, vescovo alla guida della Chiesa episcopale, ha dichiarato di non intendere certo fare passi indietro sulle aperture concesse in questi anni al mondo omosessuale, mondo che guarda con speranza al percorso avviato da alcune comunità come quelle americane. Al punto che Curry ha dichiarato ai media di attendersi di poter partecipare al Consiglio consultivo, scatenando le reazioni dei primati africani.
Prima del Kenia sono state infatti la Chiesa di Nigeria e quella di Uganda a minacciare boicottaggi, ed ora tocca di nuovo a Welby il difficile ruolo del mediatore, con il rischio concreto di perdere i cocci durante il cammino.
E pensare che i temi in agenda sono molti e assai importanti: dalle questioni ambientali tanto care a diverse province anglicane, in special modo quelle asiatiche e dell'Oceania, agli sviluppi dei percorsi ecumenici, in primis con il panorama metodista e con quello ortodosso. In vista del cinquecentenario della Riforma luterana inoltre l'Acc discuterà se accogliere o meno la Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione siglata da Federazione luterana mondiale (Flm) e Chiesa cattolica il 31 ottobre 1999. Tematiche importanti che rischiano di venir mortificate ancora una volta per divisioni in ambito di preferenze sessuali.