Quando e perché i pastori lasciano le loro chiese
10 marzo 2016
Una ricerca negli Stati Uniti svela l’alto numero di abbandoni del servizio da parte dei Ministri di culto
Traduzione di Lucilla Tron da infochretienne.com
Sempre più pastori decidono di lasciare il proprio ruolo in anticipo rispetto ai tempi previsti.
E’ l’allarmante constatazione di una inchiesta condotta dalla LifeWay Research su 734 pastori americani protestanti che hanno lasciato le loro chiese prima dell’età del pensionamento. Lo studio si è focalizzato su quattro confessioni protestanti: Le Assemblee di Dio, La Chiesa del Nazareno, la Chiesa luterana- sinodo del Missouri, e la Convenzione battista del sud.
«Circa la metà di coloro che hanno lasciato il pastorato hanno dichiarato che la loro chiesa non faceva nulla che potesse aiutarli nella gestione della vita comunitaria», ha dichiarato Ed Stetzer, direttore generale di una organizzazione religiosa con sede a Nashville. «Come avere dei documenti chiari, offrire un riposo sabbatico, e ricevere dell’aiuto umano per i casi difficili… Sono elementi chiave che dovrebbero sistematicamente essere attuati».
Il problema si collocherebbe ancora prima dell’arrivo del pastore nella sua nuova chiesa poiché per il 48% dei pastori intervistati, il primo problema è stato una cattiva descrizione della chiesa nella quale andavano a lavorare, cosa che non ha permesso loro di prepararsi adeguatamente.
Il seguito non è di miglior auspicio, secondo il sondaggio, ecco gli elementi che hanno lentamente ma sicuramente spinto i pastori a lasciare il loro posto di lavoro:
- le loro chiese non hanno una lista di consulenti a cui indirizzarsi (27%)
- La chiesa non possiede una documentazione chiara di quello che ci si aspetta dal pastore (22%)
- nessun progetto di congedo sabbatico per il pastore (12%)
- nessun ministero di orientamento laico (9%)
- nessun gruppo di sostegno per la famiglia del pastore (8%)
Altri problemi incontrati: 56% dei pastori intervistati hanno avuto uno scontro sulle modifiche da loro proposte, e 54% dicono di aver subito un attacco personale importante.
Altro aspetto sconcertante: circa la metà afferma che la loro formazione non li ha preparati a gestire l’aspetto umano del ministero (48%).
« Molti programmi di seminari non offrono dei corsi sull’aspetto umano. Sono incentrati sulla teologia, le lingue bibliche e la predicazione. In tal modo circa la metà dei pastori si sentiva mal preparata per affrontare le persone che si preparavano a dirigere e servire nelle loro future chiese» spiega Stetzer.
40% dicono di aver lasciato il pastorato a motivo di un cambiamento di vocazione. Citano altresì i conflitti di chiesa (25%), l’esaurimento professionale (19%), le finanze personali (12%), e i problemi familiari (12%).
Tutti i pastori ammettono che il lavoro è impegnativo: 84% dei pastori in carica e 83% degli ex pastori dicono che si sentono di guardia 24 ore su 24, mentre il 48% di ogni gruppo dicono che le esigenze del ministero sono superiori a quelle che possono gestire.
Gli ex pastori sono ugualmente meno suscettibili rispetto ai pastori in carica di avere vicino un coniuge entusiasta, di prendere un giorno di riposo settimanale e di lavorare alla prevenzione dei conflitti. Sono invece più inclini a preoccuparsi della sicurezza finanziaria della loro famiglia e di essere spesso irritati dalla gente della chiesa.
«Molte lacune sono evitabili. La soluzione si trova al tempo stesso nei seminari, nelle università, nelle persone implicate nella chiesa, ed anche al di fuori del ministero…. Devono collaborare e chiedere a Dio quale è il miglior modo per sostenere i pastori» conclude Stetzer.
Fonte: Christianity Today