La Germania riscopre il razzismo?
23 febbraio 2016
Gli ultimi episodi di violenza contro i rifugiati mettono in luce una tendenza preoccupante, ma ancora minoritaria grazie anche alla presenza costante dello Stato e delle numerose chiese sul territorio
Fino all’estate del 2015 la narrazione delle migrazioni parlava di Italia e Grecia, oppure, in modo molto più marginale, di Spagna o di Francia. A un certo punto, che si può identificare con il momento in cui ci si è accorti che la “rotta balcanica” era diventata il percorso principale della migrazione di persone verso l’Europa, è emerso un nuovo protagonista assoluto della gestione di quella che spesso viene chiamata, forse in modo un po' semplicistico, “crisi dei migranti”: la Germania.
In risposta alla progressiva chiusura dei confini dei vari Paesi che compongono la “rotta balcanica”, a partire dall'Ungheria di Viktor Orbán e via via lungo i Balcani occidentali, la Germania aveva deciso di rispondere accogliendo un numero sempre più alto di richiedenti asilo provenienti da Siria, Iraq e Afghanistan, superando in modo unilaterale le direttive di Dublino sulla gestione delle richieste di asilo e impegnandosi a fornire rifugio a poco meno di un milione di persone.
Il numero, per quanto possa sembrare enorme, rappresenta in realtà poco più dell’1% della popolazione tedesca, ma è comunque il più alto in Europa in termini assoluti, e appena dietro la Svezia se commisurato alla popolazione.
Tuttavia, poco dopo Capodanno una storia che, pur tra molte difficoltà, sembrava fatta di accoglienza e buona volontà, ha cambiato verso, almeno nei media. Degli incidenti di Colonia nella notte di Capodanno la stampa internazionale non si è occupata per alcuni giorni; inizialmente la polizia aveva descritto i festeggiamenti come “pacifici”. Soltanto intorno al 3 gennaio, dopo la pubblicazione di svariati post sui social network, i giornali avevano iniziato a occuparsi della vicenda. Secondo numerosi giornali, infatti, gruppi di persone, in gran parte stranieri, avevano sfruttato la folla intenta a festeggiare per isolare, molestare o derubare le donne di passaggio.
Tuttavia, «i fatti di Capodanno – racconta il giornalista Simone Zoppellaro, che vive a Stoccarda – sono stati vissuti dai tedeschi in maniera decisamente diversa rispetto a cosa poi è passato nella stampa italiana».
In che senso?
«Non è stato un dibattito vissuto esclusivamente come un fatto legato all'immigrazione, ma si è ragionato molto di più per esempio sulla violenza di genere, sulla violenza nei confronti delle donne, un tema lasciato molto da parte in Italia. Oltretutto, negli ultimi giorni sono arrivati anche nuovi dati per quanto riguarda i fatti di Capodanno, e da questi si evince che sono soltanto tre i richiedenti asilo, mentre altri erano qui già da molti anni, arrivavano dal Nordafrica, quindi non c'entrano niente con la nuova ondata di immigrazione. Altri ancora, addirittura, erano tedeschi. In Germania, in sintesi, si è ragionato anche su diversi aspetti, non puntando sullo straniero come nemico».
Chi ha cercato di cavalcare i fatti di Capodanno è Pegida. È un movimento che segue uno strano andamento: a volte viene raccontato come in crescita, altre come in crisi. Com'è cambiato il suo ruolo?
«Pegida è nato nell'ottobre del 2014, a Dresda, come un'iniziativa popolare, che raccoglieva e raccoglie gruppi di estrema destra, ma anche molti qualunquisti, tanta gente comune che per tante ragioni riversa le sue frustrazioni come un nemico identificato come lo straniero, anche hooligans, tifosi radicalizzati. Più che come un gruppo di estrema destra, quindi andrebbe identificato come un gruppo xenofobo che ha anche componenti antisemite al suo interno.
Pegida prosegue nella sua azione, però non ha fatto il salto di qualità che hanno cercato di fare i suoi leader, che hanno cercato di fare una manifestazione europea di Pegida, hanno cercato di fare grandi manifestazioni che non hanno avuto la presa che speravano, e questo l'ha detto un po' tutta la stampa tedesca senza dubbio. Prosegue comunque, perché ogni lunedì a Dresda ci sono queste manifestazioni che raccolgono qualche centinaia di persone, a volte anche di più. Al di fuori della Sassonia e dei territori della ex Germania Est, dov'è nato, non ha attecchito, perciò rimane un fenomeno locale».
È quindi un fenomeno che non deve preoccupare?
«In realtà sì, perché si lega a una crescita delle violenze di estrema destra che è decisamente più diffusa in Germania. Per esempio stiamo assistendo a un'ascesa delle violenze contro i profughi e i rifugiati, ma anche contro gli ebrei, che nel 2015 ha conosciuto una nuova impennata. Tutto questo è legato a dei disagi sociali, ma anche a un vuoto culturale che c'è nella Germania di oggi. Senza dubbio attecchisce maggiormente nella ex Germania Est, dove c'è un problema economico, però in generale stiamo vivendo in una Germania troppo votata alla competizione, al lavoro, che sta producendo inevitabilmente, soprattutto nelle periferie e in provincia, delle sacche di insoddisfatti che hanno un enorme vuoto culturale e che lo riversano contro un facile nemico, che sia il musulmano, l'ebreo, oppure anche il giornalista, riprendendo il concetto nazista di lügenpresse, di stampa menzognera».
Possiamo pensare che la crisi dei profughi del 2015 abbia influito su questo fenomeno o ormai era già lanciato, avviato, su cui questo ha solo agito come acceleratore?
«Innanzitutto diciamo una cosa molto banale, ma che forse banale non è: nella vita di tutti i giorni qui in Germania non ci si accorge del dramma dei profughi, non si vede l'inquietudine sociale che si racconta nei giornali italiani; la vita in Germania è tranquilla, c'è per fortuna molta organizzazione per quel che riguarda anche il soccorso ai profughi. Lo Stato è presente, a differenza che in Italia, le chiese sono molto attive, tutte le chiese, per fortuna la Germania è plurale dal punto di vista confessionale, e tutte si sono distinte nell'aiutare i profughi. Tuttavia un aspetto preoccupante c'è, ed è l’ascesa di Alternative Für Deutschland, un partito che è un mix di estrema destra e di populismo qualunquista, che secondo gli ultimi sondaggi ha raddoppiato i suoi voti in zone come il Baden Württemberg, dove tra meno di un mese si voterà, arrivando al 12%».
Quindi anche in Germania il dramma dei rifugiati è stato sfruttato da una parte del mondo politico per ottenere visibilità?
«Esatto. Per fortuna, però, questa posizione è ancora molto lontana dai grandi centri e dal dibattito politico, e per fortuna la maggioranza del mondo tedesco, delle associazioni, delle chiese, stanno facendo altro, stanno dimostrando una grande solidarietà.
Quello che è interessante è vedere l'evoluzione politica della Germania, per capire se e come il razzismo rimarrà all'interno del dibattito. Soprattutto bisognerà vedere se questi partiti continueranno a cavalcare la xenofobia e se altri partiti li seguiranno. Purtroppo abbiamo visto che questa retorica in Europa porta voti a molti movimenti».