La Chiesa episcopale non arretra sui matrimoni omosessuali
21 gennaio 2016
Le reazioni del ramo statunitense della Comunione anglicana: «Dolore per le sanzioni subite, ma il percorso avviato non può fermarsi»
Sono passati pochi giorni dalla decisione della Comunione anglicana di sospendere per tre anni dalle attività comunitarie la Chiesa episcopale statunitense, accusata di celebrare matrimoni fra persone dello stesso sesso, allontanandosi in questo modo dal canone tradizionale comune alle 38 province in cui è suddivisa la realtà anglicana nel mondo.
Il voto dei Primati ha evitato al momento uno scisma, minacciato a più riprese dalle comunità africane e asiatiche in particolare, ma pone ora inevitabilmente serie questioni alla realtà nord americana, ai ministri di culto consacrati, e a tutte quelle persone che si sono avvicinate al mondo episcopale e quindi a quello anglicano alla luce delle posizioni di apertura sulle tematiche di genere.
I vertici della Chiesa episcopale hanno già reso noto alla stampa di non aver intenzione alcuna di ritornare sui propri passi, e di non voler quindi rinnegare percorsi in atto oramai da anni: «Possiamo accettare le decisioni della Comunione anglicana con grazia e umiltà, ma le nostre posizioni non cambieranno. Non possiamo pentirci per ciò che non è peccato» ha commentato Jim Naughton, specialista di diritto canonico dell’arcidiocesi episcopale di Washington, ai microfoni dell’agenzia americana Religion News Service. Michael Curry, alla guida della Chiesa episcopale, conferma che «le sanzioni saranno vissute con dolore da numerosi membri delle nostre comunità. Molti fra noi si sono impegnati a fondo perché la nostra fosse una casa di preghiera aperta a tutti, in cui ognuno sia realmente il benvenuto, così come ricorda la Bibbia. Questa scelta in qualche modo di isolarci pone serie questioni a tutti noi. Continueremo comunque a ricercare il dialogo nella speranza che esso porti ad un processo di crescita comune».
Stessa linea d’onda anche per il reverendo Clark Jennings, presidente della chiesa episcopale della camera dei deputati statunitense: «Assicuro che le decisioni dei Primati non fermeranno un percorso oramai lungo quattro decadi sui temi dell’inclusione e dell’uguaglianza dei matrimoni, ma al contempo continueremo ad operare per e con le altre realtà anglicane perché facciamo parte della stessa famiglia».
Nessuna volontà di scisma nemmeno dalla parte americana quindi. Intanto la sospensione per tre anni fa sì che la Chiesa episcopale non possa presenziare alla prossima Conferenza di Lambeth del 2018, la più importante assise anglicana che si riunisce con cadenza decennale. I temi di genere usciranno quindi probabilmente dall’agenda dei lavori, evitando uno strappo più volte minacciato da parte delle chiese africane ed asiatiche. E così, forse, dal 2018 in avanti si potrà tentare di avviare con maggior calma un cammino di dialogo più ragionato.