Una chiesa di donne e uomini
20 gennaio 2016
Intervista alla vescova luterana finlandese Irja Askola
In questi giorni è in visita a Roma la vescova luterana di Helsinki Irja Askola, prima donna eletta a capo di una diocesi finlandese nel 2010. Askola fa parte di una delegazione ecumenica finlandese, composta dal metropolita ortodosso Ambrosius e dal vescovo cattolico Teemu Sippo, che, ormai da 31 anni, all'inizio della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani si reca a Roma intorno al 19 gennaio, ricorrenza di Sant'Enrico, evangelizzatore della Finlandia. Lo scorso 18 la delegazione ha incontrato papa Francesco in Vaticano. Alla vescova Askola abbiamo rivolto alcune domande.
Lei è la prima donna ad essere stata eletta vescovo in una diocesi finlandese. Qual è stata la sua esperienza in questi anni di servizio episcopale?
«E' stata e continua ad essere un'esperienza bella e profonda. Ho sempre inteso il mio servizio di vescova come una chiamata ricevuta dal Signore e dalle persone della mia diocesi. Naturalmente, anche in Finlandia ci sono persone che non accettano l'idea che una donna possa essere tra i leader della chiesa e non sono favorevoli al pastorato femminile. Per questo la mia elezione ha generato delle discussioni che non esito a definire dolorose. Tuttavia, ho iniziato il mio mandato con una dichiarazione pubblica nella quale affermavo di non aspettarmi che tutti fossero d'accordo con me su ogni cosa, ma auspicavo di trovare un modo per poter discutere su ogni questione apertamente. Abbiamo creato quella che potremmo definire un'etica del disaccordo, un elemento che si è rivelato essenziale per il mio ministero. Oggi, dopo 5 anni, non tutti, ma molti di coloro che all'inizio avevano esitazioni, hanno abbandonato le loro perplessità. Da quando sono vescova, poi, ricevo lettere di donne, anche di altre diocesi, che mi raccontano di aver portato con sé, magari per tutta la vita, una ferita senza averla potuta condividere con il loro vescovo o pastore uomo: ora lo possono fare con me, con una donna vescovo. Per questo credo la chiesa dovrebbe sempre avere nella propria dirigenza uomini e donne».
Nel 2017 ricorreranno i 500 anni della Riforma. Rispetto alle celebrazioni del centenario precedente, una delle grandi novità è proprio la presenza di pastore e vescove. E' d'accordo?
«Certamente. Nelle celebrazioni del Cinquecentenario le donne avranno una visibilità importante. La loro presenza, accompagnata dal racconto delle loro storie, dalla loro testimonianza, dalla gioia che promana dal loro ministero, saprà mostrare la ricchezza di chiese in cui uomini e donne hanno accesso alle stesse cariche e agli stessi ministeri. Sarà uno stimolo per quelle chiese, anche protestanti e anche luterane, che ancora non ammettono i pastorato femminile».
Cosa pensa dei fatti che la notte dell'ultimo dell'anno hanno visto donne molestate e aggredite da gruppi di uomini non europei, in diverse città della Germania, ma anche a Helsinki?
«Per quel che riguarda la Finlandia, credo sia importante ricordare che gli abusi sessuali sono una triste realtà che riguarda l'insieme della società ed è perpetrata anche dagli uomini finlandesi – non è un problema da cucire addosso esclusivamente a profughi e rifugiati. I dolorosi fatti di Colonia e anche di Helsinki sono da condannare fermamente, ma vanno affrontati nell'ambito di una questione culturale che riguarda gli uomini europei e non europei insieme. Anche a seguito degli episodi dell'ultimo dell'anno, i mezzi di comunicazione finlandesi oggi trattano apertamente della questione, cosa un tempo inimmaginabile perché considerata tabù. Parlandone pubblicamente e situandola nel suo contesto più ampio, la società può meglio affrontare il problema e rendere più sicura e più libera la vita delle donne».
Dalla prospettiva del sud Europa le nazioni scandinave rappresentano un esempio di tolleranza e di accoglienza. Per questo ha suscitato sorpresa la chiusura del confine tra Danimarca e Svezia e le dichiarazioni di quest'ultimo paese di non poter accogliere ulteriori profughi. Lei che proviene da quell'area geografica, cosa può dirci a proposito?
«La definizione delle nazioni scandinave, e specialmente della Svezia, come di paesi accoglienti verso gli stranieri è corretta. C'è sicuramente in Europa, e anche in Scandinavia, la tentazione di costruire sugli stranieri l'immagine del nemico. Questa costruzione simbolica e mistificante della realtà va senza dubbio combattuta, in particolare le chiese devono essere chiare nel condannarla. Tuttavia, è necessario cercare di capire cosa c'è dietro questo odio espresso da parte della popolazione europea. In Finlandia sta crescendo la disoccupazione, la povertà, l'esclusione e c'è la tentazione di convogliare il risentimento e l'insicurezza che ne derivano verso gli stranieri. E' quindi una precisa responsabilità di ogni personalità pubblica di non mettere in conflitto queste due fragilità. Come cristiani non possiamo venire meno all'accoglienza a cui il vangelo ci chiama. Non possiamo dire: non vogliamo questa gente perché ha dei problemi che porta con sé. Mi sembrerebbe davvero strano che persone che hanno vissuto nei luoghi più violenti della terra non avessero alcun problema!»
Ieri ha incontrato papa Francesco. Cosa vi siete detti?
«Nonostante la Finlandia sia una nazione a maggioranza luterana e in larga parte secolarizzata, la figura di papa Francesco suscita particolare interesse. Molti finlandesi sono ispirati dalle sue posizioni a favore dei diritti umani e dell'ecologia. Al papa ho parlato dei buoni rapporti ecumenici che nel nostro paese intercorrono tra le diverse chiese cristiane. Credo che il fatto che tre vescovi di tre confessioni diverse – cattolica, ortodossa e protestante – abbiano viaggiato insieme a Roma sia un fatto quasi unico. Con il papa abbiamo discusso della necessità, in questo difficile momento storico, di rifiutare che la religione venga usata come veicolo di violenza, di esclusione, come mezzo per costruire l'immagine del nemico. L'incontro si è concluso con il Padre nostro, che abbiamo recitato insieme. Questo non era successo nelle precedenti visite».
Il protestantesimo ha abolito la devozione verso i santi. Che senso ha dunque che una vescova luterana venga a Roma in occasione del giorno dedicato a Sant'Enrico?
«Il senso sta nella vicenda di questo personaggio storico. Enrico fu il primo vescovo cristiano della Finlandia. Venne nel nostro paese per evangelizzarlo ma ricevette un'accoglienza brutale: nel 1156 fu crudelmente ucciso dai contadini finlandesi. Come cristiani finlandesi abbiamo deciso di ricordare insieme la sua storia come simbolo di riconciliazione, impegno ad accogliere lo straniero, e a vivere in amicizia con chi ha una fede o appartiene a una chiesa diversa dalla nostra».
Foto "Irja Askola" by Teemu Rajala - Own work. Licensed under CC BY 3.0 via Wikimedia Commons.