Sui temi sessuali la Chiesa anglicana rischia la frattura
07 gennaio 2016
L’avvertimento dell’ala conservatrice all’arcivescovo di Canterbury alla vigilia della riunione generale dei primati anglicani
Alla vigilia della riunione cruciale sull’avvenire della Comunione anglicana, che si terrà dall’11 al 16 gennaio a Londra, un gruppo di vescovi pubblica una lettera in cui si afferma che «è necessario agire per restaurare l’integrità spirituale e dottrinale degli anglicani nel mondo».
Sono quasi sempre le questioni legate alla sfera sessuale e alle libertà individuali a rappresentare motivo di dibattito, di dialogo e a volte di scoglio insuperabile, all’interno delle varie confessioni religiose. Non fa eccezione il mondo anglicano, 85 milioni di fedeli sparsi fra 165 nazioni, che all’indomani del 2 novembre 2003, giorno in cui nel New Hampshire (Nord-Est degli Stati Uniti d’America) il pastore omosessuale Gene Robinson venne nominato vescovo, ha conosciuto al proprio interno aspre discussioni fra le correnti progressiste e quelle conservatrici. Tensioni cresciute ad un livello tale da portare ad un boicottaggio nel 2008 della decennale conferenza di Lambeth, la riunione assembleare di tutti i vescovi della Comunione anglicana. I dissidenti, provenienti per lo più da Africa e America Latina organizzarono addirittura un incontro alternativo a Gerusalemme. La prossima Conferenza del 2018 è, allo stato dei fatti in forte bilico, proprio per il perdurare del rischio di fratture insanabili.
L’arcivescovo di Canterbury Justin Welby ha speso larga parte del proprio mandato nell’infaticabile tentativo di tenere unite le varie sensibilità che fanno parte del panorama anglicano, ma sulle questioni legate alle libertà sessuali individuali, compresa l’ordinazione di donne al ruolo di vescove, ha incontrato un sentiero colmo di trabocchetti e ostacoli. Tanto da far maturare anche in lui l’idea di uno slittamento in avanti dell’assise generale, nel tentativo di ricomporre i dissidi in atto.
La riunione londinese della settimana prossima, annunciata lo scorso settembre dallo stesso Welby, dovrebbe veder partecipanti i rappresentanti di tutte e 38 le province anglicane sparse nel mondo, e il fine ultimo è proprio quello di cercare una quadratura del cerchio fra le diverse sensibilità.
Il comunicato dei vescovi dissidenti continua sottolineando come «la Comunione anglicana rischia di perdere la buona novella di una grazia di Dio che per noi peccatori è fatica e sacrificio, e di vederla rimpiazzata con un succedaneo a buon mercato: una grazia confortevole, che però non può né salvarci né portarci conforto».
La strada appare in salita. Emergeranno volontà centrifughe o prevarrà ancora una volta il senso dell’unità nella diversità, caro al mondo protestante?