I bambini sfruttati nelle miniere d’oro delle Filippine
05 novembre 2015
Oltre a lavorare in condizioni disumane, i minori sono esposti al rischio di avvelenamento da mercurio. La denuncia dell’organizzazione internazionale «Human Right Watch»
Migliaia di bambini nelle Filippine rischiano la vita ogni giorno nell’estrazione dell’oro. Le Filippine sono il 20mo produttore mondiale di oro e, secondo i dati dell’Organizzazione internazionale del lavoro, sono impiegate nel settore minerario circa 300mila persone, delle quali almeno 18mila sono bambini e bambine.
A fine settembre Human Right Watch – l’organizzazione non governativa che si occupa della difesa dei diritti umani – ha pubblicato un rapporto che pone l’attenzione sulle migliaia di minori sfruttati nelle miniere d’oro delle Filippine, dove oltre a lavorare in condizioni disumane sono anche esposti al rischio di avvelenamento da mercurio.
Nel corso dell’indagine compiuta nelle Filippine tra il 2014 e 2015 nelle province di Camarines Norte e di Masbate nella regione di Bicol, Human Rights Watch (Hrw) ha intervistato 135 persone, compresi 65 piccoli minatori tra i 9 e i 17 anni che hanno lamentato diversi problemi di salute, infezioni, febbri, spasmi, dolori alle spalle e ad altre parti del corpo. Nelle miniere sotterranee i bambini rischiano di ferirsi con pietre e travi in legno che cadono, con il crollo del pozzo e la mancanza di ossigeno. Quando si trovano immersi per varie ore nei pozzi a 10 metri di profondità, i minatori, prevalentemente adolescenti e uomini adulti, ricevono l’aria da un tubo collegato ad un compressore collocato sulla superficie. Se il compressore, per mancanza di carburante, smette di funzionare, il minatore può morire asfissiato o subire problemi di pressione se riemerge troppo in fretta.
Alla pericolosità dei luoghi nei quali i minori sono costretti a lavorare si aggiunge l’esposizione al mercurio, metallo altamente tossico, che viene utilizzato per separare l’oro dal minerale grezzo. Quando il mercurio entra in contatto con particelle di oro, sia in sedimenti che nel minerale frantumato, forma le cosiddette «amalgame» – una lega costituita da circa il 50% di mercurio e il 50% di oro. L’amalgama è successivamente riscaldata per far sì che il mercurio evapori e si recuperi l’oro. Il mercurio viene quindi rilasciato in aria, in acqua e al suolo in molte delle fasi di questo processo. Secondo l’ente di protezione dell’ambiente degli USA, il mercurio attacca il sistema nervoso centrale e può causare danni al cervello. I sintomi di avvelenamento includono tremori, cambiamenti rapidi di umore, insonnia, debolezza, cattive capacità di apprendimento, fino a causare nei casi più gravi la distruzione dei reni, dei polmoni, e la morte.
Finora il governo delle Filippine ha fatto poco per proteggere i bambini dai rischi di lavoro minorile nell’estrazione dell’oro su piccola scala. Nonostante la legge filippina proibisca di lavorare fino alla maggiore età (18 anni), bambini anche di 9 anni vengono calati decine di metri sotto terra per diverse ore a scavare. Inoltre, il mercuriopuò portare disabilità e danni cerebrali permanenti.
Lo sfruttamento dei minori è un fenomeno molto diffuso nelle Filippine, e non si limita al settore minerario. Secondo uno studio condotto dall’Organizzazione ecumenica per l’educazione al lavoro e alla ricerca (Eiler), e finanziato dall’Unione Europea, ci sono due bambini lavoratori ogni 10 famiglie nelle zone minerarie. Purtroppo l’estrema povertà spinge le famiglie ad esporre i minori a traffico umano, prostituzione e lavoro sottopagato.
Nel marzo 2015 le Filippine hanno firmato la Convenzione Minamata sul mercurio del 2013, che chiede il divieto di uso del mercurio entro il 2020, ma finora non hanno fatto molto per ratificare e applicare il trattato internazionale, che porta il nome della cittadina giapponese del Kyushu dove negli anni ‘50 si verificò il peggior disastro ambientale causato dal metilmercurio (la sostanza, scaricata nella baia dalla Chisso Corporation, è entrata nella catena alimentare attraverso il pesce, provocando numerose vittime: circa 2.300 quelle ufficialmente riconosciute, 50mila i casi sospetti).
Nel rapporto di Hrw si evidenzia che la mancanza di azioni concrete da parte del governo filippino dipende non solo dalla poca professionalità del personale coinvolto nel settore minerario ma anche dalla scarsa volontà politica dei funzionari nazionali e locali di adottare misure che – si sa – non verrebbero ben accolte dalla popolazione delle zone povere, dai proprietari delle miniere e dai commercianti che traggono profitto dal lavoro minorile.
L’Organizzazione in difesa dei diritti umani chiede al governo di attivare sistemi di protezione dell’infanzia, attraverso programmi contro l’evasione scolastica: garantendo pasti scolastici gratuiti e promuovendo progetti di sostegno sociale alle famiglie in aree minerarie, che spesso sopravvivono con il lavoro dei bambini. Inoltre, Hrw chiede la ratifica e l’applicazione della Convenzione di Minamata, introducendo in particolare metodi di lavorazione senza mercurio e adottando misure speciali per proteggere i bambini dal metallo velenoso.
Solo una seria mobilitazione sul piano politico, economico e culturale, può mettere fine al lavoro minorile minerario nel quale i bambini vengono derubati della loro salute, della loro istruzione e del loro futuro.