L'impegno delle chiese svizzere per i rifugiati
21 ottobre 2015
7 milioni di franchi spesi nel 2015 per interventi di assistenza dentro e fuori i confini elvetici
Mentre le recentissime elezioni di domenica scorsa rivelano un Paese spaventato dai flussi migratori di questi mesi, tanto da premiare alle urne la destra populista e razzista, di contro l'Eper (Entraide Protestante Suisse) , il servizio di mutuo aiuto delle chiese protestanti svizzere, ha deciso di aumentare il proprio impegno a favore dei rifugiati.
In particolare vengono consolidate le sinergie con la Chiesa riformata di Ungheria, oberata da un'emergenza senza precedenti. L'Eper riesce a garantire l'assistenza a circa un migliaio di persone ogni giorno, lungo il confine fra Ungheria e Serbia, distribuendo loro cibo, acqua, vestiti, coperte, kit sanitari.
Da inizio 2015 l'Eper ha fornito nel suo quadro di aiuti umanitari d'emergenza prestazioni per un equivalente di oltre due milioni di franchi in favore dei rifugiati in Libano, Iraq, Serbia e Ungheria, e in parallelo ha investito quasi quattro milioni di franchi all'interno dei propri confini, nonostante la Svizzera non sia fra le nazioni che stanno brillando per capacità e volontà di accoglienza.
Da diverse settimane in Serbia insieme all'organizzazione partner Eho (Ecumenical Humanitarian Organisation) l'Eper sta fornendo assistenza quotidiana a circa cinquantamila persone, fra cui madri e bambini, anziani e malati, offrendo cibo e sistemazioni più o meno di fortuna, nel tentativo di arginare i primi freddi in arrivo.
In Iraq, nel nord del Paese, sono oltre trentamila i beneficiari degli aiuti che qui si concretizzano principalmente in dotazioni sanitarie, mentre in Libano sono i rifugiati di Shatila a ricevere fondi per poter comprare cibo e medicina per la famiglia.