Attacchi a protestanti nell'est asiatico
16 settembre 2015
Dal Laos al Nepal si moltiplicano gli atti di intolleranza e di brutale violenza
Le cronache ci obbligano spesso ad occuparci delle difficili condizioni di vita che vengono riservate ai fedeli protestanti nel continente asiatico, specie se ministri di culto o con un ruolo di rappresentanza in seno alla propria chiesa di appartenenza. Un odio fanatico, preconcetto. Una mancanza di dialogo, o meglio ancora una mancanza della volontà di avviare un qualsivoglia dialogo.
Di questi giorni le notizie del brutale omicidio di un pastore cristiano in Laos, in quella che le forze dell'ordine hanno definito un probabile tentativo di rapina degenerato. In realtà Singkeaw Wongkongpheng e sua moglie erano stati oggetto negli anni di pesanti minacce perchè accusati di voler diffondere la propria fede convertendo i concittadini di questo angolo della provincia di Luang Prabang. Per questo motivo “Human Rights Watch for Lao Religious Freedom” , associazione operante nel Paese, ha denunciato il fatto come un omicidio a sfondo religioso.
Situazione potenzialmente esplosiva anche in Nepal, reduce dal voto del parlamento che ha dichiarato la nazione come laica. A poche ore dalla votazione, snodo cruciale nel processo riformatore in corso, quattro bombe sono esplose davanti a tre chiese protestanti nella zona est del Paese, provocando alcuni feriti e ingenti danni alle strutture. Gli orari notturni delle esplosioni hanno evitato una strage. La matrice in questo caso appare chiaramente di stampo fondamentalista indù. Questo perchè sono anni che gruppi terroristici stanno cercando di boicottare il governo maoista che ha rovesciato l'impianto monarchico e proclamato la repubblica il 28 maggio 2008. Da allora in parlamento opera una assemblea costituente che ha il compito di stilare la nuova carta fondamentale.
Gli oramai sette anni trascorsi raccontano delle grandi difficoltà che i partiti stanno incontrando nel redigere le nuove norme, che si vogliono laiche in una nazione al 90 per cento di fede induista. E sono proprio le organizzazioni radicali indù a rendersi spesso protagoniste di attentati, in quanto sentono scivolare via dalle mani la gestione del potere esecutivo. 24 ore prima delle esplosioni il parlamento aveva rigettato l'emendamento del Rastriya Prajatantra Party Nepal, il partito confessionale indù che chiedeva di introdurre nella nascente costituzione un articolo che stabilisse la connotazione religiosa induista del Paese. Il voto contrario ha immediatamente fatto scender in piazza centinaia di attivisti che hanno manifestato contro la decisione, spesso con toni troppo accesi. E si trova sempre chi non vede l'ora di passare dalle parole ai fatti, soffiando su un fuoco che non avrebbe bisogno di aiuti per mantenersi pericoloso.