A Gaza cresce la mortalità infantile. Unrwa: «Siamo molto preoccupati»
17 agosto 2015
Dopo oltre mezzo secolo, nella Striscia di Gaza torna a crescere la mortalità infantile. Il dato non è molto diverso da quello del 2008, ma il timore è che si tratti di un’inversione di tendenza destinata a peggiorare
La Striscia di Gaza è un luogo che vive nell’ombra per lunghi periodi, lontano dalle rotte dell’informazione e chiuso al passaggio di merci e persone da oltre un decennio; spesso ci si accorge dell’esistenza di questo luogo, affacciato sul Mediterraneo ma invisibile, soltanto quando un nuovo conflitto riaccende i riflettori. Eppure, le organizzazioni internazionali osservano continuamente la situazione, perché la sua popolazione è esposta a un rischio costante, quello di essere dimenticata dando per scontata la difficoltà della situazione.
Uno studio pubblicato il 10 agosto dall’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, racconta una tendenza inattesa, e soprattutto poco auspicabile: nella Striscia di Gaza, dice l’inchiesta, la mortalità infantile ha ricominciato a crescere per la prima volta da 53 anni. Il numero di bambini che a Gaza non superano l’anno di vita era infatti sceso in modo consistente e regolare negli ultimi decenni, dai 127 ogni 1.000 nel 1960 fino a toccare il minimo di 20,2 nel 2008, mentre nell’ultima rilevazione, effettuata nel 2013, si è visto risalire questo dato a 22,4 bambini ogni 1.000.
L’indagine ha richiesto più tempo rispetto alle precedenti edizioni proprio a causa di questa inversione di tendenza. «Ci abbiamo messo due anni a pubblicare questo studio perché quando nel 2013 abbiamo ricevuto i risultati dell’inchiesta – racconta Akihiro Seita, direttore del programma sanitario dell’Unrwa – ci siamo allarmati per un dato che era del tutto inatteso, e per questo abbiamo deciso di chiedere una nuova indagine ad alcuni gruppi di ricerca indipendenti. Purtroppo anche questa seconda inchiesta ha confermato la crescita.».
Si tratta di dati all’apparenza bassi, soprattutto se confrontati con quelli dell’Africa subsahariana, ancora ferma alla situazione che a Gaza si poteva osservare mezzo secolo fa, ma il timore, condiviso da Unrwa e Unicef, è che si tratti di una tendenza destinata a consolidarsi. «La normale successione di queste indagini è quinquennale – prosegue Seita – ma visto quanto rilevato quest’anno condurremo uno studio straordinario focalizzato soltanto sulla Striscia», che ha visto anche un aumento netto della mortalità neonatale; i bambini che muoiono prima di compiere quattro settimane, infatti, sono passati dai 12 del 2008 ai 20 del 2013.
Ma quali possono essere i motivi di questo passo indietro? «È difficile conoscere le cause precise, ma l’embargo israeliano sulla fascia costiera, dove circa il 45% della popolazione ha meno di 14 anni, potrebbe essere un fattore significativo. Siamo molto preoccupati soprattutto per l’impatto di questo embargo a lungo termine sulle strutture sanitarie, sulle forniture di medicine e sulla possibilità di portare attrezzature mediche al di là del confine israeliano». Il blocco è stato imposto da Israele otto anni fa per motivi di sicurezza, dopo l’arrivo al potere nella Striscia da parte del gruppo militante Hamas e dopo le prime tensioni risalenti al 2006, quando lo stesso gruppo aveva catturato un soldato israeliano. A queste misure, poi, vanno aggiunti anche i controlli voluti dall'Egitto sulla circolazione delle merci e delle persone lungo il confine meridionale, che rendono la Striscia uno dei luoghi maggiormente isolati al mondo.
Il timore è che la nuova indagine possa fotografare una situazione addirittura peggiore di quella già rilevata: i dati pubblicati dall’Unrwa non contemplano le morti registrate nel 2014, anno in cui ha avuto luogo l'operazione militare Margine Protettivo, che ha causato la morte di oltre 2.200 palestinesi, di cui circa un quarto erano bambini, insieme alle 173 vittime tra le fila israeliane.
A un anno di distanza dall’operazione voluta dal governo di Benjamin Netanyahu, le organizzazioni umanitarie di carattere medico, come Medici senza frontiere, hanno rilevato una netta riduzione delle loro capacità di assistere i pazienti, e a loro volta hanno lanciato un nuovo allarme: migliaia di abitanti di Gaza hanno urgente bisogno di cure psicologiche, perché dopo tre conflitti armati negli ultimi sei anni rimane una sola certezza, quella di un’emergenza ormai strutturale non soltanto nell’immediato, ma anche guardando alle sfide che le generazioni più giovani un giorno si ritroveranno di fronte, magari in un paese da costruire dal nulla.
Proprio per questo le Nazioni Unite stanno cercando di limitare i danni causati dal taglio delle donazioni internazionali, che rischia di compromettere tra le altre cose la ripresa dell'anno scolastico per i 225.000 studenti che frequentano le scuole dell'Unrwa, e hanno rilanciato la loro campagna permanente su uno dei più ambiziosi obiettivi del millennio, quello di fornire a tutta la popolazione la possibilità di completare un ciclo di studi di base. Con 140.000 persone senza una casa ma circondate da muri, non soltanto fisici, sempre più alti, la grande sfida è non dimenticarsi del futuro.