I giochi digitali religiosi non producono più fedeli
20 luglio 2015
Lo dice uno studio effettuato presso l’Università di Berna in Svizzera
Ormai ce n’è di tutti i tipi, soprattutto in ambito anglofono e germanofono: «Bibel-Expedition», «Calvin», «Adam’s Venture», «Journey of Jesus», «Heaven» … nella stragrande maggioranza di matrice cristiana, i giochi digitali a sfondo religioso hanno trovato un loro mercato. Ma gli adepti dei «Religames» non per questo si convertono a questa o quella tradizione religiosa. E’ quanto scaturisce da uno studio effettuato presso l’Università di Berna (Svizzera) e che ha indagato il rapporto tra giochi per computer e religioni.
Il ricercatore in scienze religiose Oliver Steffen, in un’intervista rilasciata a ref.ch, spiega: “non bisogna avere troppe aspettative dai giochi digitali religiosi. I giocatori non per questo diventano credenti, né hanno la capacità di approfondire veramente conoscenze e prassi religiose. Nel migliore dei casi i giochi digitali possono fornire informazioni e spunti in riferimento a storie, valori e simboli fondamentali di una religione».
Negli ultimi anni gli sviluppatori cristiani, che pure realizzano i loro prodotti con spirito evangelizzatore, hanno puntato sempre più su giochi semplici, divertenti, scherzosi, afferma Steffen. Prodotti indirizzati in larga parte ai giovani e giovanissimi, ma che evidentemente si riducono a mero intrattenimento religioso. «Certo, la chiesa deve far vedere che la sua dottrina vecchia di 2000 anni è valida anche per quelle persone che oggi si muovono sui social», dice Steffen. Rimane il dato che chi ne fa uso si diverte, si istruisce, ma non si converte!