Sudan, pastori evangelici rischiano la pena capitale
22 maggio 2015
Un’interrogazione del senatore Manconi chiede al governo italiano di attivarsi
Due pastori evangelici sudanesi rischiano la pena di morte: la conferma giunge nell’ultimo bollettino dell'organizzazione internazionale cristiana “Porte Aperte”. Si tratta di Yat Michael e Peter Yein Reith, pastori della chiesa evangelica presbiteriana e arrestati dai Servizi nazionali di sicurezza e intelligence (Niss). Yat Michael è stato arrestato il 21 dicembre del 2014, senza alcuna spiegazione, dopo aver predicato nella Sudan Presbyterian Evangelical Church di Khartoum Bahri. Yen Reith l'11 gennaio 2015, tre settimane dopo, solo per aver chiesto all'Ufficio affari religiosi spiegazioni sull'arresto di Michael. Per i due pastori, ora detenuti nel carcere di Omdurman, è iniziato il processo: «Entrambi i pastori, accusati con otto capi di imputazione e per i quali è prevista la pena capitale o l’ergastolo, tra questi “l’attentato al sistema costituzionale e incitamento alla guerra contro lo stato” sono tenuti in custodia senza alcuna garanzia del rispetto dei propri diritti», ha denunciato Kate Allen, direttrice di Amnesty International UK, che ha proseguito: «più si allungherà il periodo di detenzione, più alto sarà il rischio di torture». I due casi sono anche al centro di un’interrogazione del senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione diritti umani di Palazzo Madama, inviata al ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni. Manconi chiede alla Farnesina se la nostra ambasciata a Khartoum sia a conoscenza della vicenda e abbia notizie a riguardo, e sollecita inoltre il governo italiano a intervenire presso quello sud sudanese perché questo si faccia realmente carico della tutela delle minoranze religiose nel paese.