Ebola, l'allarme non è cessato
20 marzo 2015
Ancora 50 casi a settimana in Sierra Leone. Polemiche sul ritardo nelle segnalazioni delle emergenze
Non cessa l'allarme ebola in Africa. La situazione contagi pareva sotto controllo negli ultimi mesi, ma in questo ultimo periodo si sta registrando una recrudescenza inattesa che sta mettendo a dura prova i sistemi sanitari dei Paesi più colpiti, e sta gettando nel panico milioni di persone. La Sierra Leone ha appena annunciato azioni restrittive nel tentativo di contenere lo sviluppo del virus: dal 27 al 29 marzo due milioni e mezzo di persone nell'area della capitale Freetown saranno obbligati a rimanere nelle proprie abitazioni, in una sorta di quarantena breve che servirà anche a tutti gli operatori coinvolti a vario titolo per effettuare un'ulteriore massiccia campagna informativa, in pratica casa per casa. Gli ultimi dati diffusi dall'Organizzazione Mondiale della Sanità rivelano come siano oltre diecimila le vittime di ebola dallo scoppio dell'epidemia lo scorso anno, concentrate soprattutto fra Sierra Leone, Guinea e Liberia, e oltre ventiquattro mila sono stati i contagi. Gino Strada, in questi giorni a Freetown al centro allestito da Emergency, sul sito ufficiale dell'associazione ha scritto queste parole: «Ci sono ancora più di cinquanta nuovi malati di Ebola ogni settimana in Sierra Leone, la metà qui nella zona di Freetown. Purtroppo la maggior parte di loro ha una forma particolarmente grave della malattia, spesso mortale. Ci preoccupa il pensare che ci sia qualcosa di nuovo, che il virus stia cambiando, che diventi ancora più cattivo. Da mesi non vedevamo casi così gravi, e ora stanno diventando la norma quotidiana. Siamo frustrati, non riusciamo a capire. Dopo sei mesi stressanti, e nonostante gli sforzi di molti, ancora non riusciamo a decifrare questa terribile e complicata malattia».
Secondo l'Unicef, fra le oltre 24.000 persone contagiate, circa 5 mila sono bambini, mentre più di 16.000 minori hanno perso uno o entrambi i genitori o coloro che se ne prendevano cura. Non cessano intanto le immancabili polemiche sui ritardi nelle reazioni all'esplosione del virus: da un lato proprio oggi si è avuto notizia di documenti e e-mail interne dell'Oms che già nel giugno scorso segnalavano l'esplosione dell'emergenza, annunciata però ufficialmente solo due mesi dopo, temendo di causare danni ingenti alle economie delle nazioni coinvolte, e nel disperato tentativo forse di contingentare le insorgenze, obiettivo totalmente fallito. La carenza di strutture sanitarie per l'isolamento e la mancata informazione sulle pratiche igienico sanitarie hanno fatto il resto.