Le chiese giocano un ruolo fondamentale nella lotta all’Hiv
21 novembre 2014
Lo afferma il dr. Mirfin Mpundu, direttore esecutivo della Rete ecumenica farmaceutica (Epn)
In Africa circa il 40% delle strutture sanitarie sono gestite da organizzazioni religiose. Le chiese dunque, possono giocare un ruolo strategico nella lotta all’Hiv (virus dell’immunodeficienza umana) e all’Aids. Lo sostiene il dottor Mirfin Mpundu, direttore esecutivo della Rete ecumenica farmaceutica (Epn), organizzazione con sede in Kenia, che lavora a stretto contatto con l’Iniziativa ecumenica Hiv e Aids in Africa (Ehaia), progetto del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec).
Le chiese, promuovendo l’uso di farmaci e la cura agli orfani, alle vedove e ai vedovi che hanno perso familiari a causa della malattia, possono svolgere un «ministero di compassione». «Le chiese possono fornire il sostegno alle persone che vivono con l’Hiv e possono creare occasioni di riflessione e di comprensione del fenomeno. L’Hiv e l’Aids non sono solo un problema di salute, ma hanno dimensioni economiche, sociali e spirituali che la chiesa può affettivamente affrontare», ha detto Mpundu.
Parlando del Kenia, Mpundu ha riferito che un certo numero di chiese ha sviluppato politiche a favore della lotta all’Hiv e all’Aids, impegnando le proprie risorse nell’accoglienza ad esempio di bambini orfani a causa della pandemia. Inoltre, negli ultimi dieci anni le chiese in Kenia e in Africa occidentale hanno utilizzato la letteratura teologica su Hiv e Aids, prodotta dall’Ehaia. Diversi responsabili delle chiese sono stati formati dal personale Ehaia, mentre alcune istituzioni teologiche dell’Africa centrale hanno inserito il fenomeno dell’Hiv nei loro programmi di studio.
Mpundu ha sottolineato che nell’ambito del progetto Ehaia l’approccio è quello di non percepire gli uomini come “colpevoli”, ma di contribuire a creare spazi sicuri dove gli uomini discutano serenamente i modelli del ruolo maschile, i rapporti con i loro padri e l’interazione con le donne.
Occorre lavorare molto sullo stigma legato alla malattia, che continua ad essere un ostacolo nel lavoro di prevenzione e di cura in Africa sub-sahariana.
«Anche la “falsa teologia” che promuove l’idea che le persone affette da Hiv e Aids possano essere guarite da Dio senza trattamento medico deve essere affrontata dalle chiese e dalle altre organizzazioni religiose, che sono chiamate invece a promuovere l’informazione sull’Hiv, contribuendo alla cura delle persone colpite dall’Aids», ha concluso Mpundu.