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La Chiesa evangelica della Catalunya davanti alle richieste di separatismo della regione

«Prevalga il rispetto per la volontà della maggioranza dei cittadini»

La voglia di indipendentismo della regione spagnola della Catalunya è tornata di attualità all’indomani del referendum scozzese, riportando in auge pulsioni e volontà mai sopite tutt’altro.

Abbiamo contattato Alfredo Abad, Secretario primero della Iee, la Chiesa evangelica spagnola per un commento e per farci illustrare le posizioni della Iee sul tema:

«Una parte significativa dei cittadini della Catalunya vuole andare alle urne per esprimere ciò che desidera per il futuro della propria regione, e ha manifestato le proprie convinzioni in maniera pacifica negli anni raggiungendo un consenso trasversale. Di fronte a tutto ciò il Governo e le forze di maggioranza reagiscono in maniera negativa, offrendo una visione restrittiva della Costituzione e negando un diritto, quello all’autodeterminazione, che è inalienabile e dovrebbe prevalere su altri proveddimenti restrittivi».

Quali ragioni stanno alla base della sete di indipendenza catalana?

«Vengono da lontano le ragioni alla base della volontà di un popolo di esprimere la propria opinione su un tema come quello dell’indipendenza, e dopo il franchismo molti sono stati i tentativi di costruire un sistema statale rispettoso delle diversità. Gli anni sono però passati ed è man mano venuta meno la speranza di vedere formarsi uno Stato forte della propria varietà culturale. Sono state anzi continue le azioni per ridurre gli aspetti che caratterizzano e differenziano ogni regione, a partire dai modelli educativi proposti che puntano a smussare le parti più profonde, intime, della identità di ciascuna area. La politica economica nazionale ha rispecchiato questo atteggiamento riducendo la capacità di investimento e di crescita. La pur corretta solidarietà richiesta alle zone più ricche del paese per compensare le difficoltà di quelle più in difficoltà ha superato i limiti della ragionevolezza arrivando a minacciare lo stato sociale e il mantenimento di servizi di base come l’istruzione, la salute, la cultura».

In caso di referendum ci sarebbe un plebiscito per la scissione?

«Anche in Catalunya vi sono ovviamente posizioni diverse e una fetta della popolazione non vorrebbe veder mutato l’attuale assetto centralista, e molti altri ancora non sono per una indipendenza vera e propria, ma per un cambiamento della costituzione in senso federalista. L’unico modo chiaro e lineare per scegliere la via è di affidarsi a ciò che la maggioranza dei cittadini potranno decidere; senza ciò non vi sono altre soluzioni per porre fine al grave conflitto politico in cui siamo immersi».

E la Iee che posizione assume in questo contesto?

«Per tutte queste ragioni, la Chiesa evangelica della Catalunya afferma «il diritto di decidere» di ognuno di noi, e lo fa con pieno convincimento, sulla base dei valori del Vangelo che ci portano su un terreno in cui la pace e la giustizia prevalgono e dove i conflitti umani vengono risolti pacificamente e amichevolmente.

La nostra chiesa appartiene alla Chiesa evangelica spagnola (Iee), una «chiesa unita», che si riferisce alle due grandi famiglie di protestantesimo storico, metodiste e riformate, e nell’ultimo Sinodo della Iee dell’ottobre 2013 a Malaga, è stato approvato a larga maggioranza una risoluzione che dice letteralmente:

«Consideriamo come principio cardine del nostro ordinamento la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e su questa base, il diritto dei popoli all'autodeterminazione per decidere il proprio futuro».

Una dichiarazione che riflette un assoluto rispetto per le persona nel progetto di costruzione di un mondo migliore basato sulla legittimità morale di ogni singolo cittadino».

Foto: "Tram 235 de la via catalana per la independència (section 235 of the Catalan Way towards independence)" by Clara Polo - Own work. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons.

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