La Facoltà di Teologia di Ginevra apre le porte al cattolicesimo
07 marzo 2017
Dal 3 marzo un corso presenta la teologia cattolica, come già avviene per l’ortodossia, l’islam e l’ebraismo; intanto nel cantone si discutono due leggi sulla laicità dello Stato e il finanziamento alle chiese
Articolo tratto da www.cath.ch
Il 3 marzo scorso ha fatto il suo debutto alla Facoltà di Teologia protestante dell’Università di Ginevra il corso di teologia cattolica (all’interno dell’insegnamento di teologia sistematica) destinato agli studenti del secondo e terzo anno della laurea triennale, frutto della collaborazione con la Chiesa cattolica romana (Ecr) di Ginevra.
«È una prima volta storica per Ginevra», si rallegra Geoffroy de Clavière, responsabile della comunicazione e dello sviluppo della Ecr, uno degli artefici del progetto insieme al decano della Facoltà, Jean-Daniel Macchi.
Quest’ultimo condivide lo stesso entusiasmo, parlando degli argomenti che saranno affrontati: teologia mariana, ecclesiologia cattolica e un insegnamento sulla Grazia. «Non potevamo scegliere argomenti più controversi», scherza. Questi temi, che tradizionalmente dividono cattolici e protestanti, sono stati scelti apposta, invece di percorrere una via più facile con un corso generale sul cristianesimo: «Sarà una bella occasione per i nostri studenti di confrontarsi con la teologia cattolica». Inoltre i corsi saranno aperti agli studenti di altri corsi e ai liberi uditori. I tre temi di studio saranno analizzati da docenti dell’Università cattolica di Lione, e si svilupperanno in 24-28 ore di lezione.
Un bell’esempio di «ecumenismo universitario»: secondo Macchi, infatti, sarebbe limitativo studiare la teologia protestante senza avere anche delle buone conoscenze sulla teologia cattolica, «in una società come la nostra in cui le religioni vivono fianco a fianco, questo porterebbe a una formazione vacillante». Il decano ritiene che dopo il Concilio Vaticano II l’ecumenismo si sia decisamente sviluppato: «Protestanti e cattolici si sono molto avvicinati e si capiscono sempre meglio. Dobbiamo continuare su questa via, e la messa in opera di questo percorso è un passo ecumenico importante», aggiunge.
Eppure, se si sono già spesso programmati corsi sull’ortodossia, l’islam e l’ebraismo, finora a Ginevra non era mai stato impartito un corso sulla teologia cattolica.
Macchi spiega: «L’università è un luogo eccellente per studiare le religioni con gli strumenti delle scienze umane e sociali», e si rallegra per le prospettive di questo corso, facendo allusione alla genesi del progetto: «Non capita tutti i giorni che qualcuno si presenti con un finanziamento per mettere in piedi un nuovo corso!».
Se Macchi ha reclutato gli insegnanti, è infatti Geoffroy de Clavière ad essersi occupato della ricerca di fondi. «Quando sono entrato nell’Ecr nel 2013, l’idea era già nell’aria», ricorda, e spiega come, incoraggiato da mons. Pierre Farine, all’epoca vescovo ausiliario di Ginevra, ha rilanciato il progetto nel settembre 2015. La convenzione tra Ecr e Facoltà è stata firmata nell’agosto 2016, al termine di due anni di scambi, «ma i 500 anni della Riforma non c’entrano, è una coincidenza!», spiegano i due promotori.
Il finanziamento è stato uno degli ostacoli. I corsi a carattere religioso sono diventati un tema sensibile, soprattutto per due proposte di legge che potrebbero porre fine nel 2017 al sistema con cui il cantone di Ginevra recepisce e ridistribuisce le contribuzioni volontarie dei fedeli fatte attraverso le dichiarazioni dei redditi. Un meccanismo contestato dalla sinistra più radicale, in quanto contraddittorio rispetto al principio della laicità dello Stato, e che invece secondo il Consiglio di Stato dovrebbe essere esteso ad altre confessioni.
Intanto, essendo fuori discussione un finanziamento pubblico, i soldi necessari all’avviamento del progetto (circa 50.000 euro per i primi due semestri) sono stati raccolti tra l’Ecr, donatori privati e la congregazione delle suore trinitarie di Ginevra, che si sono impegnati per i primi tre anni. L’idea è però, naturalmente, di proseguire l’esperienza e renderla permanente.