Il 20 febbraio alle ore 9,30 del mattino ha avuto luogo una conferenza stampa al Centro islamico a Chicago: Enterfaith Program Islamic Center. Hanno partecipato vari altolocati rappresentanti del tavolo interreligioso tra cui John Thomas, un protestante, pastore emerito e professore del seminario della United Church of Christ di Chicago, che uno dei nostri tutor qui, ha voluto portarci ad ascoltare. I loro interventi hanno riguardato, in particolare, il divieto di accesso agli Stati Uniti d’America per i cittadini di alcuni paesi islamici, dichiarato dal neoeletto presidente degli Usa Donald Trump.
Il titolo di questa protesta è stato: «Protected by Faith/ Protetti dalla fede». Cosicché gli interventi di questi responsabili religiosi, in questo momento epocale in cui prevale la paura dell’altro, sono stati caratterizzati dalla loro affermazione dell’importanza della loro fede comune in Dio. Essi sono convinti che solo con la fede nell’unico Dio possono vincere questa lotta contro la discriminazione e attraverso essa fortificarsi e consolidare la loro unione, per essere di aiuto alle persone e alle famiglie che si trovano a subire questa ingiustizia. Il nostro libretto Un giorno, una parola proponeva uno dei testi biblici per questo giorno: «Perseverate nella fede, fondati e saldi e senza lasciarvi smuovere dalla speranza del vangelo che avete ascoltato, il quale è stato predicato a ogni creatura sotto il cielo» (Colossesi 1, 23). Questo testo lo trovo adatto per questo incontro.
La past. Elisabeth Löh e io abbiamo, quindi, partecipato a questo incontro che per me è stato molto commovente. Da straniera che gode pienamente di una buona e giusta accoglienza mi sono chiesta: «Perché io posso avere questo diritto e altri no?» Vivo questo fatto come un privilegio perché non è così per tutti. Non è giusto! Perché? Perché sono entrata in questo paese, nella città di Chicago con un passaporto italiano. Quando ero all’aeroporto, al controllo del passaporto, il poliziotto mi guarda e mi dice: «Are you from the Philippines? Sei delle Filippine?» e gli ho risposto: «Yes, I was born in the Philippines but I spent already more than half of my life in Italy/ Sì, sono nata nelle Filippine ma ho già trascorso più della metà della mia vita in Italia». Allora, per questo motivo ho il diritto e anche il privilegio di avere una doppia cittadinanza.
Grazie al progetto dell’American Waldensian Society, ho avuto questa opportunità di poter vivere questi giorni in questa bellissima città e sto apprendendo molto da questo viaggio e dagli scambi che ho nelle conversazioni con gli altri, persone che come me amano sognare di vivere liberamente.
Vedete, cari lettori di Riforma online, questa fotografia che ho scattato nel parco di Roosevelt vicino al Museum Campus mostra delle immagini di molti corpi che camminano. Rappresentano delle persone che sono uguali tra loro, perché non hanno un volto. Ho pensato subito, dopo questa conferenza stampa, dopo aver ascoltato gli interventi di queste persone credenti, che hanno timore di Dio e amore per il loro prossimo, che queste persone non saranno deluse, perché Dio ha parlato loro. Qualcosa è cambiato in loro dopo questa dichiarazione del presidente mr. Trump, ma le loro preghiere di persone senza volto ma uguali a tutti noi, saranno ascoltate. Queste persone hanno dei sogni da realizzare per la loro vita e famiglia, e il futuro dei loro figli e le loro figlie; perciò vogliono arrivare negli States.
Gli americani vennero nel paese delle Filippine. Portarono la loro cultura e lingua. Questo è stato un bene per me ora, perché mi trovo nel loro Paese e considero la loro lingua parte della mia identità avendo ricevuto un’istruzione in inglese. L’America è vista in tutto il mondo come un paese accogliente e aperto perciò dobbiamo rivolgere al Signore una preghiera affinché il governo di mr. Trump possa trovare le migliori soluzioni ai problemi di migrazione e dei rifugiati senza rifiutare nessuno o discriminare contro alcuni. God bless America! Il Signore benedica l’America.