Lettere di critica ai decreti di Trump
02 febbraio 2017
L’ultima in ordine di tempo è del vescovo Munib Younan, presidente della Federazione luterana mondiale
Non si arresta l’ondata di proteste ai decreti di Trump che bloccano per quattro mesi il programma di accoglienza per i profughi, e vietano l’ingresso a chiunque provenga da 7 nazioni a maggioranza islamica (Iraq, Iran, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen). Numerose critiche stanno giungendo anche da parte di leader religiosi e organizzazioni cristiane. L’ultima in ordine di tempo è di Munib Younan, ancora vescovo della Chiesa Evangelica Luterana in Giordania e Terra Santa, e presidente della Federazione luterana mondiale (Flm).
Nella missiva inviata ieri al presidente degli Stati Uniti d’America, dopo avergli assicurato il sostegno della sua preghiera affinché sotto la sua guida, gli Usa continuino a promuovere i valori della diversità, dell’uguaglianza, della libertà e della giustizia per tutti, Munib Younan passa ad esplicitare una serie di preoccupazioni legate ai recenti decreti.
«Sono preoccupato, perché per quasi 250 anni, il mondo ha guardato al suo paese come un esempio di come diverse razze e nazionalità possono avere un’unica identità americana. Il suo paese ha aperto la strada alla promozione dei diritti civili, dando sempre ascolto al principio della parità di cittadinanza, della libertà e giustizia per tutti. Questa è la ragione per cui così tanti profughi e immigrati hanno guardato agli Stati Uniti come un faro di speranza».
Munib Younan aggiunge di essere molto preoccupato per le conseguenze dannose che i divieti avranno soprattutto per i cristiani arabi, che nel mondo arabo, hanno una lunga storia di convivenza con i musulmani. «Noi respingiamo qualsiasi tentativo di dividere la società araba secondo linee religiose». Infine, il presidente della Flm fa un riferimento alla sua biografia e scrive di essere preoccupato, «perché io stesso sono un profugo, e so in prima persona le difficoltà che devono affrontare le famiglie di rifugiati. Allo stesso tempo, come vescovo luterano, so che allontanare i rifugiati di ogni religione contraddice il messaggio di Gesù Cristo. Gesù stesso è stato un rifugiato, che ha cercato rifugio e salvezza con la sua famiglia in Egitto. Nel corso della sua vita, attraverso il suo insegnamento e le sue azioni, Gesù si è preoccupato dello straniero e degli emarginati».
Per Younan accogliere lo straniero non è un optional per i cristiani e, citando lo storico documento del 2013 «Accogliere lo straniero: affermazioni dei capi religiosi» sottoscritto da buddisti, cristiani, indù, ebrei, musulmani, afferma che il prendersi cura dei rifugiati non è esclusiva di una religione, ma è il cuore di ogni tradizione religiosa.
«Come vescovo luterano di Gerusalemme, come rifugiato, e come cittadino del mondo – si conclude la lettera – il mio appello è che lei riconsideri le sue recenti decisioni in materia di rifugiati e immigrati. La esorto a riflettere sui valori fondamentali degli Stati Uniti e di Gesù, e di cercare un percorso diverso che miri a raggiungere il duplice obiettivo di garantire sicurezza e opportunità nella terra della libertà».
Altra lettera inviata da alcuni leader evangelici al presidente Trump e al vicepresidente Pence chiede di riconsiderare l’ordine esecutivo di congelamento del programma per i rifugiati.
Tra i firmatari vi sono: Leith Anderson, presidente del National Association of Evangelicals, Richard Stearns, presidente di World Vision USA, Samuel Rodriguez, presidente della National Hispanic Christian Leadership Conference, e Scott Arbeiter, presidente di World Relief.
Si legge: «Mentre gli Stati Uniti negli ultimi anni hanno ricevuto solo l’1 per cento dei rifugiati di tutto il mondo, crediamo che il programma di reinsediamento dei rifugiati fornisca un’ancora di salvezza per questi individui particolarmente vulnerabili e un’occasione vitale per le nostre chiese a vivere il comandamento biblico di amare i nostri vicini, di fare discepoli tutti i popoli, e di praticare l’ospitalità».
Infine una lettera, redatta dall’organizzazione Christian Aid Church World Service e firmata da più di 2.000 leader religiosi, è stata recapitata all’amministrazione Trump e ai membri del Congresso «per affermare il loro sostegno al reinsediamento negli Stati Uniti dei rifugiati provenienti da tutto il mondo».
I leader religiosi affermano: «Insieme, in rappresentanza delle nostre diverse fedi, denunciamo il linguaggio dispregiativo che è stato usato nei confronti dei rifugiati del Medio Oriente e dei nostri amici musulmani e vicini di casa. La retorica infiammatoria non ha posto nella nostra risposta a questa crisi umanitaria. Il programma statunitense di reinsediamento per i rifugiati è stato e deve rimanere aperto a quelli che, appartenenti a tutte le nazionalità e religioni, affrontano la persecuzione a causa delle ragioni elencate in base al diritto degli Stati Uniti».
Tra i firmatari: la vescova Elizabeth A. Eaton, presidente della Chiesa Evangelica Luterana in America; il past. John C. Dorhauer, presidente della Chiesa Unita di Cristo; il vescovo Bruce R. Ough, presidente del Consiglio dei vescovi della Chiesa metodista Unita; il rabbino Rick Jacobs, presidente della Union for Reform Judaism; Salam Al-Marayati, presidente del Consiglio musulmano degli Affari pubblici; e il noto progressiva Jim Wallis.