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Il 4 novembre è ufficialmente entrato in vigore l’accordo sul clima approvato nel dicembre del 2015 alla Cop 21, la Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici di Parigi. In questi giorni a Marrakech, in Marocco, 192 paesi dovranno accordarsi sui meccanismi e le regole che serviranno per controllare la produzione di Co2 di ogni stato. Ne parliamo con Herbert Anders, pastore battista e membro del Glam, la commissione globalizzazione e ambiente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia.

Come si comporta l’Italia in questo scenario di rispetto dell’ambiente?

«L’Italia ha ratificato l’accordo della Cop 21, e questa è già una buona notizia, e fa parte dei paesi che si siederanno insieme per cercare di elaborare qualcosa di più concreto a Marrakech. In Italia mancano sicuramente delle leggi, per esempio sull’industrializzazione degli allevamenti per la produzione della carne, un grosso settore che libera Co2 che incide per il 14,5% della produzione di gas serra, addirittura più di tutti i trasporti. A questo proposito, manca anche una politica seria consequenziale sulla mobilità, con incentivi alle biciclette in città, oppure contro la cementificazione dei suoli: sono tutti ambiti in cui si potrebbe fare di più. Diciamo però che non è tutto perso, d’altro canto siamo diventati uno dei leader nelle energie alternative, una rivoluzione importante. A giugno di quest’anno abbiamo coperto più della metà del nostro fabbisogno elettrico con la rete alternativa, un risultato che fa sperare».

La Cop 21 rende più facile la “salvaguardia del creato”?

«Sono dei processi molto lenti che le chiese hanno seguito per molto tempo: mi ricordo quando a Copenaghen si tenne la Cop 15 e ci fu una grande mobilitazione in piazza, con 350 rintocchi delle campane delle chiese, per segnalare la soglia di gas che non doveva essere superata. Ricordo che un anziano ci chiese chi fosse morto e noi dicemmo “una parte dell’ambiente”. I cambiamenti sono molto lenti, e prima che vengano registrati da tutta la popolazione ci vuole del tempo. Credo che oggi abbiamo fatto dei passi avanti giganteschi, la Cop 21 stessa è stata un successo. In particolare, visto che è stata ratificata da Stati importanti, ora bisogna vedere quali azioni delibereranno concretamente, oltre a trovare i 100 miliardi di dollari necessari per aiutare i Paesi poveri a sviluppare la trasformazione, cosa che non sarà facile».

Cosa fanno oggi le chiese nel panorama italiano e internazionale?

«Sta succedendo molto. Per amore e per giustizia occorre nominare il Laudato sì del papa, perché raggiunge un terzo del cristianesimo e incide sicuramente. Abbiamo pubblicazioni di tanti autorevoli teologi, come Harvey Cox o Walter Brueggemann che cominciano a trattare di ambiente ed economia, che sono concetti strettamente legati. A livello di azioni, come Glam andiamo più nel nazionale e nel locale, proponiamo i nostri seminari che si alternano a Casa Cares o dove vogliamo ampliare la rete delle chiese evangeliche che lavora insieme su questo tema, oltre a informare sulle varie possibilità delle chiese di intervenire. Abbiamo una lista di 40 punti necessari per diventare un’eco-comunità e altri impulsi per cambiare le comunità dal basso».

Molti hanno espresso timori per la tenuta dell’accordo sul clima in seguito all’elezione di Donald Trump. Cosa ne pensa?

«Ci sono dei repubblicani che mettono in dubbio il riscaldamento globale, e questo non fa ben sperare. Come in tutti i timori, però, è inclusa anche un po’ di speranza collaterale: immagino che questo faccia accomunare molto di più le forze di opposizione. Quando c’è una leadership così sprovveduta, sebbene sia ancora necessario vedere come si svilupperà davvero, è possibile che chi è contrario si attivi. Mi auguro che le chiese diventino ancora più ferventi insieme all’associazionismo e alle forze politiche di opposizione».

Immagine: via pixabay.com

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