E’ giunta ieri la notizia della liberazione del pastore evangelico Behnam Irani, della “Chiesa dell’Iran” , dopo 6 anni di prigionia nelle carceri di Teheran.
Non si è però trattato di un gesto di magnanimità da parte del governo iraniano; semplicemente il pastore ha terminato di scontare per intero la pena cui era stato condannato.
Accusato di proselitismo e di attentare alla sicurezza nazionale è stato arrestato una prima volta nel 2006 e poi di nuovo nel 2010. Nella seconda occasione è stato prelevato di forza dalle forze di polizia mentre stava officiando una cerimonia religiosa in una abitazione privata, e le bibbie e altri oggetti sono stati sequestrati.
La prigionia è stata particolarmente dura tanto da causare seri problemi di salute al pastore Irani, compreso un drastico calo della vista e varie ulcere. Il carcere di Ghezel Hesar è il più grande del paese ed uno dei più tristemente noti per le violenze e le barbarie che vi si compiono all’interno.
A nulla è valsa la mobilitazione internazionale in questi anni, nè i vari appelli rivolti alle autorità politiche o giuridiche del grande paese medio orientale.
In Iran solo la chiesa cattolica e quella ortodossa, oltre ovviamente all’Islam che è religione di stato, hanno la possibilità di svolgere funzioni cultuali all’interno delle loro comunità, ma anche a loro è proibita ogni forma di partecipazione alla vita pubblica, bollata come proselitismo. Il panorama protestante non gode nemmeno di questo minimo riconoscimento, per cui è quotidiano il rischio di finire imprigionati per aver manifestato la propria fede.