Una sala gremita e attenta, in una penombra assorta, accentuata dal calare delle luci durante le letture. Nella serata curata dalla Società di studi valdesi e moderata da Gabriella Ballesio, tenutasi mercoledì 24 agosto alla Galleria Scroppo di Torre Pellice, diversi ospiti si sono succeduti per restituire il ritratto caleidoscopico della scrittrice Marina Jarre, scomparsa lo scorso 3 luglio.
Dal mosaico di tessere che ne compongono l’identità (italiana e lettone, valdese ed ebrea) è emersa in primis la scrittrice; e si è detto ancora una volta, citando più volte Claudio Magris, quanto sia stata misconosciuta e sottovalutata, forse anche per il suo riserbo. A torto, per l’estrema ricchezza e varietà della sua scrittura, emersa in tutta la sua potenza grazie alle letture fatte dall’attrice Gisella Bein, storica interprete dello spettacolo Fuochi, tratto dal romanzo forse più noto di Marina Jarre, Ascanio e Margherita. Letture tratte da diverse opere, ora ironiche ora tragiche, ora tenere ora caustiche, rese ancora più intense dalla magistrale interpretazione, dalla quale emergeva non soltanto la bravura dell’attrice ma anche e soprattutto l’affetto per la scrittrice.
Scrittrice ma anche amica, maestra: di vita, di scrittura, maestra in quanto insegnante, amata o detestata. Questi sono stati i volti emersi dalle testimonianze di Maria Rosa Fabbrini, Giorgio Bouchard, Massimo Salvadori e Renzo Sicco, in un intreccio profondo fra vita e scrittura, che, nel caso di Salvadori e di Sicco, li ha coinvolti in uno scambio fecondo. Entrambi allievi dell’inflessibile insegnante di francese, che diede al primo ripetizioni, all’altro «rovinò un’estate» rimandandolo nella medesima materia, in anni e modi diversi trassero dal rapporto con questa donna speciale un insegnamento inaspettato, che andava ben al di là delle regole grammaticali.
Salvadori, diventato uno storico e docente universitario, a un certo punto della sua vita decise di fare i conti con la propria infanzia, le proprie radici, la propria identità, e dopo una lunga gestazione portò a compimento il romanzo autobiografico Cinque minuti prima delle nove, pubblicato nel 2014 dall’editrice Claudiana. Un racconto intenso, tormentato, di cui Marina Jarre non è stata soltanto la supervisora (il placet fu sancito dalla frase «Massimo, ormai sei vecchio, puoi permetterti quello che vuoi») ma anche uno dei personaggi più interessanti. Leggere affiancati Cinque minuti e libri di Jarre come ad esempio I padri lontani, può senza dubbio offrire spunti interessanti sul tema dell’identità, del rapporto genitori-figli, della ricerca (conflittuale) delle proprie radici, e non ultimo della realtà valdese, con i suoi personaggi e le sue vicende.
Proprio a quest’ultimo tema si deve il reincontro fra Renzo Sicco, regista e autore teatrale, e la sua ex insegnante, a distanza di molti anni. Dovendo scrivere un’opera sulla storia valdese, ha raccontato alla serata, si convinse che il libro migliore da cui trarre una rappresentazione era Ascanio e Margherita. Da questa fortunata intuizione nacque una collaborazione fruttuosa che portò alla nascita dello spettacolo Fuochi, di cui si è festeggiato il ventennale nel 2014, che narra «l’epopea valdese» al tempo delle persecuzioni del Seicento.
Dalla serata è dunque emerso il ritratto di un’autrice, ma anche quello di una donna: figlia, sorella, e poi moglie e madre, nonna, bisnonna. E anche qui l’intreccio fra vita e scrittura si fa sentire, emerge prepotentemente dalle sue pagine: dall’esperienza lacerante della separazione dei genitori e la «fuga» insieme alla madre e alla sorella dalla Lettonia verso l’Italia, e in particolare verso le valli valdesi, terra d’origine della madre. Al vissuto conflittuale con Torino, città finalmente amata perché «città dei figli e dei nipoti». Per concludere con le parole di un nipote acquisito, Danilo, che ne ha ricordato, fra l’altro, l’apertura al moderno: un’ultra ottantenne che leggeva i giornali su Internet e scriveva email e sms a figli e nipoti. Marina Jarre, nonna Miki, è stata anche questo.