Terrorismo: contro la violenza, pratichiamo la logica di Dio
Ascolto e attenzione per contrastare l'opera diabolica di chi ci vuole separare
Aprire la mente e il cuore quando vedi intorno a te corpi martoriati e scene di inaudita violenza non è facile. È possibile però partire dalla considerazione della fragilità della vita umana, dei corpi, per cercare di imbastire un dialogo con i credenti dell’Islam.
Infatti le questioni della giustizia e della democrazia sono al centro del conflitto tra diverse interpretazioni della fede islamica. Dovremo imparare a conoscere molto di più il pluralismo interno al mondo musulmano, e a sostenere l’Islam liberale. A esso si contrappone la scuola più chiusa, quella salafita o wahabita, che propone un Islam imparato a memoria, integralista e violento anche nel linguaggio. Nelle scuole wahabite si insegna l’opposizione alla cultura occidentale. Ma non lo si fa solo in Europa, nei sobborghi urbani dove vengono catturati l’immaginario e la rabbia dei giovani musulmani di seconda generazione, mai bene integrati, mai bene accolti in questa società. La chiusura del cuore e la violenta imposizione di una dottrina divisiva riguarda anche gli altri musulmani, che non si riconoscono in quella interpretazione dottrinale.
L’Isis ha compiuto attacchi durante il mese di Ramadan in Iraq e addirittura a Medina. Boko Haram ha rapito giovanissime ragazze perché frequentavano la scuola. L’Isis ha ucciso pubblicamente giornalisti a Raqqa e in Libia e un archeologo siriano così amante della storia da aver nascosto reperti preziosissimi di Palmira dalla distruzione e dalla rapina di Daesh. La maggioranza delle vittime dell’Isis è musulmana. Se si intravvede un filo comune nella violenza jihadista è quella che contrasta il pensiero critico e libero. Valori occidentali particolarmente radicati nella cultura protestante sono combattuti attraverso i corpi e nella carne delle persone.
In Europa, in particolare in Francia, il messaggio delle stragi sembra essere: voi musulmani che vivete in quelle terre, non mescolatevi agli occidentali. La violenza, oltre che provocare panico, vuole indurre separazione, diffidenza, odio. Come ha detto Adnane Mokrane, è una logica che viene dal diavolo, e noi credenti dobbiamo poter resistere a questa spirale di violenza, e praticare la logica di Dio: amore, ascolto, attenzione. Per non lasciare sole né le vittime né i violenti.
Spetta a noi sostenere il pluralismo delle interpretazioni, in una ricerca di senso in cui vale la via proposta dal filosofo Paul Ricoeur: un discutere che fa avanzare «nello spirito della traduzione e del perdono», in cui l’ascolto iniziale è la precondizione per superare la pretesa di conoscere già la realtà. È nell’ascolto aperto e reciproco che si costruisce un futuro comune, è nella capacità di interpretare insieme il mondo e le religioni che si dà un orizzonte di dialogo e di pace.
La storia musulmana, come quella cristiana del resto, è piena di violenza e di lotte per il potere che usano la religione come legittimazione. È anche per questo che è importante conoscere e distinguere le diverse correnti musulmane e continuare a tenere alta la nostra tensione alla laicità. E questo può aiutare chi dall’interno delle comunità cerca di sviluppare un Islam europeo, capace di dialogare nel quadro della democrazia e del dialogo tra diverse forze e comunità religiose e non.
Anche la conoscenza di come il secolarismo spesso non abbia favorito la laicità ma abbia piuttosto rinforzato forze religiose gerarchiche e contrapposte, per esempio in Egitto, ci aiuta a vedere meglio la complessità che è in gioco. La prospettiva storica e uno sguardo globale ci fanno uscire dall’appiattimento sulla cronaca e da reazioni solo emotive. Si tratta di intrecciare compassione e tensione alla giustizia, non tanto di chiedere all’Islam di provare la propria compatibilità con la democrazia e i sistemi liberali. Infatti anche all’interno del mondo musulmano esistono risorse positive in favore della coesistenza fra diverse comunità, risorse contrarie al razzismo, al pregiudizio e alla violenza. Si tratta di conoscerle meglio e di sostenerle, esattamente come sosteniamo le risorse di giustizia accogliente e di pensiero critico all’interno dell’altrettanto variegato mondo cristiano.