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In Spagna hanno perso tutti

Uno sguardo sulla situazione spagnola nel nuovo stallo politico post elettorale

Dopo la vittoria del Partido Popular (Pp) alle ultime elezioni spagnole, i risultati portano sempre più a pensare a una sconfitta per tutte le forze in campo. Il partito di Rajoy non ha i numeri per governare da solo e le alleanze con il Partito Socialista (Psoe), seconda forza del Paese, oppure con Unidos Podemos (Izquierda unida e Podemos) o con Ciudadanos sono sempre più difficili. In particolare, i due “nuovi partiti” Ciudadanos e Podemos hanno perso punti rispetto alle elezioni di dicembre, un elemento che ha fatto parlare di delusione nel partito di Iglesias, erede del movimento degli Indignados. Ne abbiamo parlato con Jacopo Rosatelli, giornalista e analista politico.

I risultati di Podemos deludono davvero?
«La delusione c’è senz’altro perché le aspettative erano diverse. I sondaggi dicevano altro rispetto ai risultati, così come gli exit poll. Gli scienziati politici che si occupano di queste cose ci dicono che sono fenomeni normali, perché quando i media annunciano che un determinato partito è in vantaggio, le persone che rispondono ai sondaggi tendono a dire che hanno votato per loro, anche se non è vero: si chiama effetto winner, ed è diventato un fenomeno di studio. I sondaggi andrebbero presi con cautela e l’effetto delusione deriva innanzitutto da questo. Di per sé, se prendiamo la Spagna di due anni fa e riflettiamo sul fatto che Podemos è un partito nuovo, in qualche modo espressione del movimento degli Indignados, e che ha ottenuto il 20% dei consensi, allora parliamo di un risultato straordinario, soprattutto se confrontato alla realtà italiana o di altri Paesi europei. Tuttavia, dobbiamo confrontarlo con le elezioni precedenti, quelle di sei mesi fa: probabilmente quella è stata la vera occasione d’oro non sfruttata. Rispetto a quel momento, Unidos Podemos ha perso oltre un milione di voti, dunque non si può che essere delusi dal loro punto di vista».

Anche il centrodestra di Ciudadanos è stato penalizzato. Cosa ha cambiato il centrosinistra nella sua strategia?
«Nell’elettorato di centrodestra c’è stato l’effetto del “voto utile”. Questi sei mesi di stallo sono stati un inedito assoluto per la Spagna, uno shock per molti. Alcuni hanno sicuramente pensato che si stesse meglio con il tanto vituperato bipartitismo e quindi un po’ di voti in uscita dal Partido Popular sono tornati all’ovile e il ruolo di Ciudadanos si è molto ridimensionato, perché i suoi voti non sono sufficienti al Pp per governare. A sinistra c’è stata una situazione analoga per un elettorato che aveva votato Podemos o Izquierda unida a dicembre e forse è rimasto deluso: l’investimento in queste forze sei mesi fa non ha portato a nulla. Forse Podemos ha subito un po’ l’immagine di essere il “partito del no” e di avere in Pablo Iglesias una figura che spaventa: gli elettori sapevano che occorreva votare partiti disponibili a trovare accordi, probabilmente questo ha indotto parte dell’elettorato a restare sul Psoe».

Se Partito socialista e Podemos si fossero uniti, quale contributo avrebbe portato quest’ultimo?
«In realtà il governo possibile era un altro: Socialisti, Ciudadanos e Podemos, forze diverse ma che potevano dire di essere dell’opposizione e che avevano in comune la lotta alla corruzione, la rigenerazione democratica, la battaglia per istituzioni nuove e pulite. Quello era il terreno sul quale avrebbero potuto stringere un patto anche solo di due anni, lasciando un po’ da parte la politica economica. Il Partido Popular viene da anni di scandali incredibili, e questo poteva essere un terreno per una maggioranza stabile. I numeri per un governo Psoe-Podemos non c’erano, ma ci sarebbero stati con l’appoggio esterno degli indipendentisti catalani, cosa che avrebbe aperto uno scenario ancora più improbabile. Il vero problema è stato che Podemos e Ciudadanos si escludevano a vicenda. Gli ultimi giorni prima della chiusura dell’ultima legislatura ci fu un appello di personalità progressiste molto note in Spagna che dicevano appunto di fare uno sforzo per unirsi, ma così non è stato e i risultati si vedono. Ora siamo in presenza di tre partiti che hanno perso le elezioni».

La Brexit ha influito sul voto?
«Alcuni analisti dicono che chi decide all’ultimo è al massimo il 10% o il 20% dell’elettorato. In questa porzione può aver giocato un ruolo l’uscita del Regno Unito, in effetti. Il travaso da Ciudadanos al Partido Popular probabilmente deve in parte il suo manifestarsi a questo. Ma è anche vero che l’elemento tutto spagnolo dei sei mesi di stallo contano di più, hanno rappresentato uno shock per un paese abituato a una stabilità politica assoluta. Il livello di dialogo tra le forze politiche non è stato altissimo e parte dell’opinione pubblica spagnola ha cominciato ad avere un certo senso di fastidio e di distanza. La riconquista della credibilità della politica che c’era stata grazie alle nuove forze si è consumata in sei mesi senza prospettive, tanto che si è registrata una consistente diminuzione della partecipazione alle urne, il 3% in meno da dicembre».

Cosa succederà ora? Rischiamo di andare verso un terzo voto e di conseguenza un terzo stallo?
«Escludo il terzo voto, perché non sarebbe sostenibile da un punto di vista istituzionale. Per quanto abbiano un sentimento di ostilità nei confronti di Rajoy, se gli elettori del Partito Socialista dovessero scegliere tra un appoggio esterno del loro partito al Governo o un ritorno alle urne sceglierebbero la prima possibilità. La Spagna è un paese la cui storia ci dice che le istituzioni possono essere fragili, ma lo scenario più probabile è che il Partito Socialista garantisca l’investitura di Rajoy a premier, astenendosi e lasciando il potere al Pp per i prossimi due anni. L’alternativa è una grande coalizione organica alla tedesca, con Partido Popular e Partido Socialista che governano insieme, ma mi sembra meno probabile, anche perché la condizione sarebbe l’uscita di scena di Rajoy, altrimenti i socialisti non farebbero parte del governo. Insomma, direi che si va verso un governo del Pp di minoranza con appoggio esterno nel momento dell’investitura dei socialisti».

Immagine: via Flickr, utente European People's Party

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