Ricucire le divisioni dell'Austria dopo il voto
25 maggio 2016
La vittoria risicata di Van der Bellen potrebbe rafforzare i movimenti contro il populismo crescente in tutta Europa?
In Austria, il 23 maggio, l'indipendente Alexander Van der Bellen, di famiglia luterana ma non praticante, è stato eletto nuovo Presidente della Repubblica, con uno scarto di appena 31 mila voti sul suo avversario Norbert Hofer del Partito della Libertà, il Freiheitliche Partei Österreichs. Una maggioranza molto ristretta, che fa presagire periodi complicati per la politica austriaca, ma che può anche essere un segnale di risposta al crescente populismo austriaco ed europeo. Abbiamo immaginato delle prospettive con Barbara Costamagna, redattrice di Radio Capodistria, in Slovenia, che ha seguito l'evoluzione della campagna elettorale e del voto.
Un risultato che ha sorpreso tutti: che ne pensa?
«Diciamo che si è tirato un sospiro di sollievo in Europa, mentre in Austria esiste una spaccatura. Van del Bellen ha vinto per pochi voti e un austriaco su due ha comunque votato Hofer, dunque una lista nazionalista e populista. L'Austria si è svegliata come un paese spaccato: Van der Bellen, che ha costruito tutta la sua carriera sulla capacità di mediazione (una persona considerata moderata sia dall'estrema sinistra sia da parte del mondo cattolico dei popolari), potrebbe trovare una mediazione in un paese che ha molti problemi, emersi durante la campagna elettorale. Problemi legati a una recrudescenza di posizioni populiste e xenofobe che sta avvenendo in tutta l'area dell'ex impero austroungarico, aumentate con l'arrivo dei rifugiati dalla rotta dei Balcani. La campagna elettorale è stata molto giocata su questo tema: Hofer soprattutto ha detto cose agghiaccianti sugli stranieri in Austria e sul mondo islamico, mentre Van der Bellen - lui stesso figlio di rifugiati russi - si è espresso con toni pacati e invitando alla solidarietà. Il problema è capire quanto riuscirà a influire su un sentimento comune e su una politica di chiusura e di controlli serrati che il paese ha già intrapreso: pochi giorni fa sono arrivati altri 80 poliziotti al Brennero per controllare la gente che sta entrando».
Van der Bellen ha proprio parlato di riconciliazione: ma questa divisione quanto è profonda?
«Credo che esista una spaccatura soprattutto tra città e provincia. Le grandi città austriache sono multiculturali, convivono popolazioni e religioni diverse, provenienti da diverse parti del mondo; la realtà legata alla montagna e alle campagne, invece, è molto omogenea, e le persone difficilmente incontrano uno straniero nella vita quotidiana. Esiste una paura immotivata, come hanno sottolineato alcuni intellettuali austriaci, sulla quale gioca da sempre il partito di Haider, rappresentato ora da Hofer. Una formazione molto forte in Carinzia, area in cui c'è sempre stata grandissima chiusura nei confronti del mondo esterno: un nazionalismo che è stato scontato nel tempo dalla minoranza slovena che non ha mai avuto una vita facile».
A parte le migrazioni, quali sono gli altri temi importanti?
«Anche l'Austria paga la crisi economica, iniziano a esistere problemi di disoccupazione e le persone chiedono una maggiore attenzione allo stato sociale. Come accade anche altrove, le campagne elettorali tendono a spostarsi e a cercare un capro espiatorio concentrandosi sugli stranieri o sui rifugiati. Ma questo è un problema generale che potrebbe peggiorare e acutizzarsi nel tempo. Il fatto che Van der Bellen abbia vinto, adesso lascia il timore che fra sei anni le posizioni xenofobe arrivino al governo. L'Austria è una repubblica semipresidenziale e il Presidente della Repubblica non è solo una figura rappresentativa, ma ha un certo potere».
A cosa si va incontro con una maggioranza così risicata?
«Non sarà molto facile formare il governo e scegliere i ministri. Alle elezioni lui si è presentato da indipendente, anche se sui giornali italiani c'è scritto ovunque che appartiene ai Verdi, da cui è uscito, cosa che gli ha permesso di essere eletto: infatti anche da parte dei socialdemocratici e dei popolari ha avuto un sostegno indiretto, perché ufficialmente non hanno mai detto che avrebbero votato per lui. Il lavoro di mediazione sarà duro nelle prossime settimane con i suoi sostenitori ufficiosi per riuscire a formare il governo che dovrà tener conto di avere al suo interno quest'anima populista e xenofoba e trovare una convivenza, oltre che una maggioranza per riuscire a governare».
Quali conseguenze porta con sé questo risultato nel panorama europeo?
«Sicuramente può essere una spinta per rafforzare i movimenti contro il populismo che sta riemergendo in Europa. Detto questo non bisogna abbassare la guardia perché metà dell'elettorato austriaco ha votato per Hofer, quindi queste tematiche e questo modo di affrontare la politica stanno prendendo piede. Bisognerà lavorare per ricucire questa spaccatura e i partiti politici dovranno trovare il modo di riparlare alla gente, anche perché l'Austria è la dimostrazione di come i partiti politici tradizionali sono totalmente in crisi e non riescano più a parlare all'elettorato: i popolari e i socialdemocratici sono stati distrutti da questa elezione».