111 pastori metodisti americani fanno coming out
10 maggio 2016
La dichiarazione pubblica di omosessualità scuote la United Methodist Church, da oggi riunita a Portland (Oregon, Usa)
Giornate difficili per la United Methodist Church, riunita da oggi a Portland (Oregon) in occasione della sua Conferenza generale che si svolge ogni quattro anni.
Ieri in una lettera pubblicata sul sito web Reconciling Ministries Network (Rmn), 111 pastori della Chiesa metodista unita (Cmu) hanno dichiarato di essere gay, lesbiche, bisessuali, transgender, queer e intersessuali (Lgbtqi), e hanno accusato la propria organizzazione ecclesiastica di riferimento di costringerli a nascondere la propria identità sessuale.
«Anche se abbiamo cercato di rimanere fedeli alla nostra chiamata e al patto, voi non siete sempre rimasti fedeli a noi», si legge nella lettera. «Ci avete chiesto di non essere pienamente noi stessi nel ministero, e di nascondere i nostri orientamenti sessuali e le nostre identità di genere. Fino a quando abbiamo fatto questo, voi avete accettato volentieri i nostri doni e ci avete usato per fare discepoli di Gesù Cristo in vista della trasformazione del mondo nei vari luoghi in cui ci avete mandato».
Denunciata l’ipocrisia di tale atteggiamento, i pastori chiedono alla Cmu di accogliere tutte le identità sessuali: «La “questione Lgbtqi” non può essere risolta attraverso una legislazione restrittiva ma piuttosto riconoscendo che tutte le persone sono fatte a immagine di Dio e vanno accolte nella comunità di fede».
La divisione esiste nella chiesa ma nella lettera si fa appello all’unità: «Cara chiesa, le nostre preghiere sono con voi, con tutti noi, per i prossimi giorni. Tutti noi potremmo essere sorpresi dallo Spirito che continua a infondere nuova vita in modi inaspettati. Potremmo ritrovare il corpo di Cristo, più forte e non più debole o più profondamente ferito. In un mondo lacerato dalla paura e diffidenza, potremmo dare una potente testimonianza trovando unità anche nelle nostre differenze».
La Cmu non ammette né l’ordinazione di persone che hanno fatto dichiarazione pubblica di essere omosessuali, né la celebrazione di matrimoni dello stesso sesso. In occasione della Conferenza – dove vengono aggiornate la dottrina e la disciplina – gli attivisti chiedono che il «linguaggio discriminatorio» presente nel Libro della disciplina venga rimosso affinché i ministri gay e lesbiche possano essere ordinati, e i matrimoni dello stesso sesso possano essere celebrati.
Parlando a Christian Today, Matt Berryman, direttore esecutivo del Reconciling Ministries Network, ha detto: «Dichiararsi una persona gay praticante nella Cmu comporta l’essere rimossi dal proprio lavoro e il perdere lo stipendio, quindi è un atto di coraggio ciò che hanno fatto i 111 pastori. Ci auguriamo che questo gesto provochi una sorta di cambiamento».
Berryman ha aggiunto che recenti sondaggi mostrano che la maggioranza dei membri della Cmu sostiene il matrimonio omosessuale, e che il numero di chiese che sono inclusive è aumentato del 40%. «La Chiesa non può andare avanti così. I poteri forti dovranno rivedere l’attuale sistema per creare nuovi spazi che consentano alle persone di vivere, muoversi ed essere se stesse nella Chiesa».
In un comunicato inviato sempre a Christian Today, il presidente del Consiglio dei vescovi della Cmu, vescovo Warner Brown Jr., ha fatto sapere che la Conferenza generale prenderà in considerazione la posizione della denominazione in merito all’ordinazione di quanti si definiscono gay, lesbiche, bisessuali, transgender e di altri orientamenti. Ma quale sarà l’esito finale delle discussioni è tutto da vedere.