L’amnesia di Vienna: i vecchi errori di una società spaventata
27 aprile 2016
Il successo del partito di estrema destra Fpö nel primo turno delle elezioni presidenziali austriache mette in luce un Paese che sembra aver dimenticato il passato
Questa mattina l’Austria ha presentato le misure che adotterà al confine con l’Italia, su quel passo del Brennero che per molti anni è stato uno dei simboli del superamento delle frontiere e che oggi acquista nuovamente un ruolo di separazione. Non è soltanto il Brennero, tuttavia, a preoccupare gli osservatori internazionali, ma anche il risultato delle elezioni presidenziali che si sono tenute in Austria domenica 24 aprile e che hanno premiato Norbert Hofer, candidato del partito di estrema destra Fpö, il Partito per le Libertà.
Hofer, che milita nel partito di cui faceva parte il ben più noto Jörg Haider, uno dei padri del moderno populismo xenofobo europeo, ha ottenuto con il 36,4% dei consensi il miglior risultato dell’Fpö dalla Seconda guerra mondiale in un’elezione nazionale.
Punita la confusione
Secondo Barbara Costamagna, giornalista dell’emittente slovena in lingua italiana Radio Capodistria, «è facile interpretare questo voto come una forma di protesta nei confronti del governo guidato dal cancelliere Werner Faymann, un esecutivo che in questi mesi si è dimostrato molto debole, soprattutto per quanto riguarda le politiche sull'immigrazione». Più che di debolezza, tuttavia, sembra più corretto parlare di confusione, o di opportunismo che si è ritorto contro lo stesso governo: fino alla scorsa estate, infatti, l'Austria sembrava volersi porre nel solco della Germania nell'accogliere i profughi, per poi cambiare rotta e fare un passo indietro, fino al punto di cominciare a chiudere le proprie frontiere. «Prima – racconta Costamagna – le ha chiuse con la Slovenia, stanno partendo i controlli al Brennero, e con l’Ungheria le cose si stanno facendo ogni giorno più complicate».
Nonostante il governo abbia cercato, con questi ripetuti cambi di direzione, di assecondare quello che si riteneva fosse il sentimento prevalente nell’opinione pubblica del Paese, questa politica non ha pagato, mentre ha sicuramente premiato Norbert Hofer e il suo partito.
Secondo Ulrike Lunacek, eurodeputata austriaca dei Verdi, la lezione che deve trarre il governo da questo voto è che con la sua politica non ha fatto altro che rafforzare, inseguendola, l'estrema destra, radicalizzando o accelerando una tendenza che in Europa è in atto già da vent'anni. «I grandi partiti storici stanno perdendo dappertutto».
La banalità del razzismo
Barbara Costamagna racconta come fosse «prevedibile che l’Fpö prendesse voti, ma nessuno supponeva che ne prendesse così tanti». Questo discorso vale soprattutto per gli osservatori fuori dal Paese, che non conoscevano questa figura, questo politico «molto banale come aspetto. È la tipica persona – continua Costamagna – che Hannah Arendt avrebbe definito “banale”, ma che nella sua banalità ha saputo cogliere quello che è un malessere che c'è in Austria e che sta crescendo soprattutto in questi mesi».
Tuttavia, Hofer non è soltanto un populista: sotto l'aspetto un po' da uomo qualunque e un po' folkloristico, che a uno sguardo distratto può sembrare anche un po' ridicolo, si trova il vero ideologo dell’Fpö, un politico per nulla ingenuo e per nulla inoffensivo. Il suo motto è molto semplice, tutto per l'Austria, tutto per gli Austriaci, e va di pari passo con alcuni suoi comportamenti molto simbolici: «Hofer – racconta Costamagna – si dichiara amante delle armi, e usa andare in giro con una pistola in una tasca e un crocifisso di legno nell'altra, simboli che secondo lui servono a difendere i valori cristiani dell'Austria».
Una sfida tra opposti
A pagare le conseguenze più pesanti del malcontento sono i cosiddetti “partiti tradizionali”. Mentre secondo i sondaggi Hofer era accreditato di un consenso tra l'8% e l'11%, a queste percentuali si sono invece attestati i due favoriti della vigilia, il socialdemocratico Rudolf Hundstorfer, dell’Spö, e il conservatore Andreas Khol, dell’Övp, che insieme compongono la coalizione di governo. A trarre maggior beneficio da questo crollo, oltre naturalmente all’Fpö di Hofer, sono stati due outsider, ovvero l’ex giudice della corte suprema, la candidata indipendente Irmgard Griss, trainata fino a un ottimo 19% dal voto femminile e vista come garante della democrazia e della trasparenza, e il candidato indipendente sostenuto dai Verdi, Alexander Van Der Bellen, che ha ottenuto il 20,4% dei voti. Sarà lui a sfidare Hofer al ballottaggio del 22 maggio.
Figlio di due rifugiati, russo il padre ed estone la madre, costretti a fuggire dai loro paesi d’origine prima per via della Rivoluzione sovietica e poi per l'invasione russa dell’Estonia, l’ex professore universitario ed ex preside della facoltà di Scienze economiche di Vienna, nato nel 1944, è da sempre favorevole a una maggiore accoglienza dei rifugiati e a un rafforzamento della loro integrazione nella società austriaca, e questa radicale diversità di vedute permette di leggere il secondo turno elettorale come una sfida tra opposti, come uno scontro tra due visioni della società inconciliabili tra loro.
Un facile nemico
Tutto ciò che sta accadendo in Austria viene raccontato come la conseguenza delle politiche incerte e confuse del governo sui profughi. Tuttavia, scavando più in profondità nella società austriaca, è facile individuare nei problemi economici dell’ultimo decennio una causa molto più credibile. Secondo l’eurodeputata austriaca dei Verdi, Ulrike Lunacek, «I giovani stanno perdendo le speranze di trovare un lavoro e di avere una casa, e questo aiuta l'estrema destra». Ragionando secondo questa prospettiva, le tensioni sui migranti assumono una forma e una sostanza diversa, quella di capro espiatorio. «Forzando un po' il concetto – spiega Barbara Costamagna – è una situazione che somiglia a quella della crisi della Repubblica di Weimar: trainata da una grande crisi economica, una parte politica ha saputo inventare un nemico e poi riversare tutta la propria rabbia su questo capro espiatorio. All'epoca erano gli ebrei, in questo caso sono gli immigrati». A ben vedere, in effetti, i flussi che interessano l’Austria non sono molto diversi da quelli degli anni precedenti, che erano stati assorbiti senza particolari, o apparenti, problemi. A cambiare, probabilmente, sono state altre condizioni interne al Paese, e l’onda del populismo che sta investendo gran parte d’Europa ha trovato anche qui una casa. Il rischio, però, è che per proteggere le proprie mura e per scavare fossati si facciano crollare le fondamenta di una casa molto più grande, quella europea. Il 22 maggio i cittadini austriaci sono chiamati a una difficile sfida, quella di scegliere tra una società fondata sulla paura, con uno sguardo rivolto a un passato da non ripercorrere, oppure riprendere un discorso di inclusione che oggi sembra interrotto.