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Accompagniamo la popolazione nell'opera di ricostruzione

La famiglia della pastora Carola Tron scrive dopo il tornado in Uruguay

«Noi quattro stiamo bene, la nostra casa ha avuto piccoli danni: vetri, finestre, e alcuni mobili rotti, libri e fogli sparsi ovunque, acqua e terra in casa. A causa delle piogge si è rovinato il rivestimento del tetto e comincia a filtrare dell’acqua. Siamo ancora senza elettricità e le comunicazioni sono difficili. Questo però, credeteci, non è nulla rispetto a quanto abbiamo visto in città. Più di mille abitazioni sono state distrutte e questo significa più di mille famiglie senza un tetto e alla ricerca di un posto per trascorrere questi giorni». Comincia così, drammaticamente, il messaggio mandato via mail dalla moderadora della Mesa valdense (equivalente della Tavola valdese nelle chiese sudamericane del Rio de la Plata).

La pastora Carola Tron scrive insieme al marito, pastore Dario Barolin (le loro chiese sono appunto Dolores – San Salvador e Fray Bentos), e anche a nome dei figli Juan e Tomas, per rispondere agli innumerevoli messaggi che sono stati loro inviati, tramite ogni mezzo possibile, a seguito del tremendo tornado che nella notte tra venerdì 15 e sabato 16 aprile ha devastato la città di Dolores, dipartimento Soriano, in Uruguay, 240 km. a nord-ovest di Montevideo. Il fenomeno, tra l'altro, scrive la famiglia pastorale, è stato il secondo in meno di quattro anni. Ora, dopo i primissimi interventi sulle macerie, è iniziata per loro l'operazione di «accompagnare la popolazione» nella necessità della ricostruzione».

«Per questo – prosegue il messaggio – siamo in contatto con il “Comitato di emergenza” e apriremo un conto bancario a nome della Chiesa evangelica valdese de San Salvador dove poter convogliare gli aiuti (…) Prima di tutto vogliamo concentrarci sull’aiuto alle persone che hanno perso i propri cari e le proprie case. In secondo luogo verrà la ricostruzione dei locali della nostra chiesa». Fratelli e sorelle dell'Uruguay hanno delle grandi risorse morali: la solidarietà delle persone che mettono a disposizione il loro tempo, i loro doni e le loro risorse per l’aiuto reciproco e per la ricostruzione; la forza della chiesa che si è riunita come sempre domenica alle 10 per il culto e che si prepara a proseguire il cammino insieme, ispirata dall’Amore e dalla Grazia di Dio; gli innumerevoli messaggi ricevuti che offrono solidarietà e ai quali solo ora inizieremo a rispondere».

E la conclusione ci porta a condividere il testo con cui si è concluso il culto di domenica: «Io sono misero e povero, ma il Signore ha cura di me. Tu sei il mio aiuto e il mio liberatore; o Dio mio, non tardare!» (Salmo 40, 17)

(traduzione past. Stefano D'Amore)

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