In Belgio gli imam verranno formati dallo Stato
19 febbraio 2016
Interessante iniziativa contro il rischio di radicalizzazione del dibattito religioso
Il governo federale belga ha deciso di stanziare 3,3 milioni di euro per finanziare la formazione e lo stipendio di 80 nuovi imam, proseguendo in questa maniera lo sviluppo del piano contro la radicalizzazione volto a promuovere un islam integrato nella società. La nazione, che si è rivelata fragile da un punto di vista sia investigativo a seguito dei fatti di Parigi del novembre scorso, sia di prevenzione, che evidentemente non ha funzionato in questi anni. Da qui la decisione di approvare un piano, credibile anche agli occhi della comunità internazionale, che accanto agli inevitabili aumenti di contingenti armati e forze di repressione, preveda anche tutta una serie di azioni di integrazione, formazione e reciproca conoscenza.
«E’ una strategia che risponde alla nostra filosofia che vuol finalmente vedere un islam integrato – ha spiegato alla stampa il ministro della Giustizia Koen Geens- : per combattere la radicalizzazione è importante che i giovani non trovino accoglienza solo nelle moschee radicalizzate, ma che possano avere altri strumenti per decifrare la società che li circonda».
Verranno ovviamente coinvolte le associazioni musulmane per stilare insieme alle autorità governative centrali e a quelle regionali i piani di azione. «Il nostro interesse – ha proseguito il ministro – è quello di integrare al meglio nella società belga la popolazione musulmana, per poter indentificare al meglio dei responsabili, dei portavoce che possano diventare interlocutori affidabili e duraturi nel quadro della gestione della pubblica sicurezza e della formazione dei giovani».
Ad oggi sono 82 gli imam riconosciuti dall’Esecutivo dei musulmani del Belgio (Emb) presenti nella nazione, tutti formatisi all’estero. La volontà è quella di poter creare in casa i nuovi predicatori in maniera tale da evitare i pericoli di una radicalizzazione propugnata in alcune nazioni come l’Arabia Saudita o l’Indonesia.
Mohammed Galaye Ndiaye, imam e portavoce del Centro islamico e culturale del Belgio ha accolto con favore le misure in cantiere «perché vanno nella direzione di una maggiore collaborazione fra tutti i soggetti presenti nella società; ed un clima di reciproca conoscenza è già un ottimo punto di partenza». L’idea di produrre un “islam alla belga” sembra la ricetta scelta per rispondere alle sfide di questo periodo. Seguiremo con attenzione le vicende per comprendere gli sviluppi di iniziative pilota che potrebbero diventare esempio anche per altre nazioni alle prese con fenomeni migratori che ne stanno mutando la composizione sociale, con la necessità quindi di rivedere parte delle proprie politiche di accoglienza e integrazione.