Sport e fede
03 febbraio 2016
Il caso del calciatore brasiliano che rifiuta di giocare il sabato, giorno consacrato al Signore, ne richiama altri in cui religione e agonismo si intrecciano
La notizia riportata dal sito della Chiesa avventista in Italia, relativa al calciatore brasiliano Carlos Vítor da Costa Ressurreição , quotato portiere della squadra del Londrina Esporte,che rifiuta l'ingaggio di una squadra di massima serie perché la scelta avrebbe comportato l'obbligo di disputare le partite di sabato, ci richiama alla mente molte altre storie simili, di sportive e sportivi che hanno preferito anteporre le personali convinzioni religiose alla sete di competizione.
Vítor, nominato giocatore dell'anno, ha contribuito alla promozione del suo team dal campionato di serie C a quello di serie B. I problemi sono iniziati con la richiesta di ingaggio da parte del Chapecoense : stipendio raddoppiato ma le partite sono al sabato e per lui, membro della Chiesa avventista, quello è il giorno dedicato al Signore.
«Senza alcun dubbio, scelgo la mia fede. Molti altri sono venuti prima di me, dandomi l’opportunità di capire» ha dichiarato alla stampa brasiliana, ora che anche il Londrina ha annunciato che non rinnoverà il suo contratto perché anche nella seconda divisione molti match vengono disputati al sabato.
«Se ci saranno squadre che rispetteranno le mie convinzioni, lo sport sarà sempre un’opzione valida. In caso contrario, il Signore mi ha già dimostrato in passato che si prenderà cura di me».
In principio fu il figlio di missionari anglicani Eric Liddell, fenomenale atleta scozzese, le cui gesta sono narrate nel film "Momenti di gloria". Quando scoprì che le gare della sua specialità di atletica leggere preferita, i 100 metri piani, alle Olimpiadi di Londra del 1924 si sarebbero disputate di domenica, scelse di non infrangere le proprie convinzioni e optò per altre distanze, i 200 e i 400 metri, anche se nel giro di pista non era per nulla accreditato. Invece proprio nei 400 metri stabilì il nuovo primato mondiale prima di ritirarsi l'anno seguente, appena ventitreenne per dedicarsi all'attività missionaria e pastorale.
Molti di noi hanno negli occhi i mirabolanti voli di Jonathan Edwards, l'eccezionale triplista inglese, che pur senza un fisico da corazziere detiene ancora il record mondiale della specialità con l'incredibile misura di 18 metri e 25 centimetri stabilita oramai 21 anni fa a Gotebrog, in Svezia, durante i campionati mondiali. L'uomo che saltava una distanza pari a tutto un tir con rimorchio fu solo dopo molte riflessioni compiute insieme al padre, pastore anglicano, che cambiò opinione e decise di gareggiare anche di domenica, vincendo in questa maniera Olimpiadi e mondiali in serie.
Ma sono molti anche i casi meno noti, ma molto attuali, soprattutto per chi abituato a vivere i precetti della propria religione ancora con attenzione, come gli atleti islamici,tremila circa, che videro il canonico mese di digiuno, il ramadan, cadere proprio nei giorni dell'Olimpiade di Londra 2012.
Furono necessari accordi con i responsabili religiosi dei vari paesi per poter esere esonerati e posticipare il rituale digiuno al mese successivo.
Fede e sport agonistico, connubio possibile quindi, come dimostrano i molti atleti di Cristo, calciatori ma non solo che vivono con profonda spiritualità il proprio ruolo, consapevoli di essere esempio per molti giovani.