Facebook a caccia della propaganda jihadista
25 novembre 2015
Il numero di contenuti rimossi su richiesta delle autorità francesi è lievitato nel corso del primo semestre 2015
Il governo transalpino aveva richiesto con forza che i giganti del web si sentissero maggiormente coinvolti nel dare un contributo alla lotta contro la propaganda e il reclutamento terrorista tramite internet. Le cifre diffuse dal social network facebook nei giorni scorsi indicano che l'appello non è caduto nel vuoto.
A seguito delle richieste delle autorità francesi il sito creato da Mark Zuckerberg ha bloccato nel primo semestre del 2015 295 pagine con contenuti negazionisti o apologetici del terrorismo.
La cifra è particolarmente significativa se comparata ai precedenti periodi: nel primo semestre del 2014 erano stati 22 i contenuti censurati, e 13 nel secondo semestre.
La Francia diventa in questo modo la terza nazione per numero di profili rimossi, largamente sopravanzata dall'India (15155 chiusure forzate) e dalla Turchia (4496 casi).
I contenuti interessati sono resi inaccessibili nel paese all'origine della richiesta. I tecnici di Facebook spiegano come si configura il loro intervento: «Quando riceviamo una segnalazione da parte di un governo, esaminiamo la questione per determinare se il contenuto si presenta come contrario alle legislazioni locali. Se così effettivamente si dimostra, lo rendiamo indisponibile nel paese che ne ha fatto richiesta».
E' stato il ministro dell'Interno transalpino Bernard Cazeneuve ad impegnarsi in maniera particolare su questi temi. La legge antiterrorismo che ha fatto adottare nell'autunno del 2014 metteva l'accento in particolare sulla propaganda on line delle organizzazioni jihadiste.
Le autorità contano molto sulla collaborazione con Facebook e siti simili, quali Twitter, Youtube etc che hanno sostanzialmente funzione di piattaforma ospitante e che sono responsabili soltanto dei contenuti illeciti loro segnalati.
Cazeneuve nel febbraio di quest'anno si è recato addirittura nella Silicon Valley statunitense per parlare faccia a faccia con i board di questi colossi del web. All'indomani degli attacchi alla redazione di Charlie Hebdo e al supermercato Hyper Cacher Cazeneuve aveva esortato loro di dare prova di responsabilità. E viste le cifre il suo appello ha avuto successo. Purtroppo come abbiamo tragicamente verificato gli attentati continuano, ma certamente una via è tracciata.
Su un fronte meno ufficiale, che spesso si è dimostrato assai più efficace, scende in campo contro il terrorismo globale anche il collettivo che va sotto il nome di Anonymous, che nei giorni scorsi avrebbe segnalato ai vertici del social Twitter una lista di 5 mila utenti sospetti, come già fatto dopo gli attacchi parigini di gennaio (furono 9 mila allora i profili segnalati). I governi pare abbiano colto l'importanza di un'offensiva determinata contro il terrorismo che utilizza gli strumenti informatici per scambiare contenuti, e i social devono continuare in questo percorso di assunzione di responsabilità per evitare che fra le larghe maglie della loro rete si nasconda di tutto.