Ddl scuola, due punti di vista
30 giugno 2015
Meglio una riforma non perfetta che una riforma non fatta? Le opinioni di Giuliano Ligabue e Silvana Ronco
«Era importante che questa legge, non ritengo la si possa definire riforma, fosse fatta, in quanto contiene aspetti buoni a partire dal passaggio di ruolo di 100mila docenti. Ho molti colleghi che a 40 anni di età vantano quindici anni di precario ma onorato servizio. Con questo provvedimento si è passati dalla logica del togliere le risorse alla scuola a quella dell’aggiungerle. Dunque per parafrasare Renzi: meglio una legge fatta che una legge non fatta. Di certo non possiamo inserire nello slogan, da lui coniato, la parola riforma».
Così si è espresso Giuliano Ligabue, già preside in diversi licei romani e sentito all’indomani della fiducia che il Senato lo scorso 25 giugno ha votato per il ddl scuola approvandolo a Palazzo Madama con 159 sì e 112 no.
Dal 7 luglio il testo andrà dunque alla Camera dei Deputati. I senatori erano stati chiamati a votare sul maxiemendamento dei relatori Francesca Puglisi (Pd) e Franco Conte (Ap). Tra i democratici non hanno votato i senatori definiti “dissidenti”: Tocci, Mineo e Ruta.
Una riforma o legge, come la si voglia chiamare, che da una parte soddisfa solo alcuni tra docenti, studenti e esperti del mondo della scuola.
«La laicità e il pluralismo sono due componenti importanti e trascurate da questa riforma – ha detto Silvana Ronco, presidente dell’Associazione 31 ottobre; per una scuola laica e pluralista e sentita all’indomani della fiducia – Questa mancanza ci preoccupa molto. Se vogliamo capire quanta laicità sia contenuta nel nuovo testo – ha proseguito Ronco – ci possiamo rendere conto immediatamente di quanto i finanziamenti dati alle scuole private e paritarie, ad esempio, deducibili sotto forma di detrazione fiscale siano un problema, ma ancor più preoccupante è l’introduzione di una novità: quella delle donazioni e su quest’ultime il poter avere anche qui delle detrazioni, una possibilità estesa alle scuole private. Mentre nella prima stesura del testo il fondo di perequazione doveva essere del 30%, nella seconda stesura è passato al 10%, dunque una riduzione sensibile. Nessuna modifica è stata fatta in merito all’insegnamento della religione cattolica (Irc) e quindi anche sul versante del pluralismo e dell’accoglienza non ci sono cambiamenti né finanziamenti, a quanto risulta». «Infine – conclude Ronco – ci fanno riflettere, come cittadini, le modalità utilizzate per portare avanti questa riforma, che non ha tenuto conto dello scontento che il ddl sta provocando. Una mancanza di dialogo preoccupante».