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L’Aurora che ci visita dall’alto

Un giorno una parola – commento a Luca 1, 78-79

Il Signore giudicherà tra nazione e nazione e sarà l’arbitro fra molti popoli; ed essi trasformeranno le loro spade in vomeri d’aratro e le loro lance in falci
(Isaia 2, 4)

Grazie alla misericordia del nostro Dio, l’Aurora dall’alto ci visiterà, per risplendere su quelli che vivono in tenebre e in ombra di morte, per guidare i nostri passi sulla via della pace
(Luca 1, 78-79)

L’Aurora che ci visita dall’alto è tra le immagini più nitide per parlare della misericordia di Dio. È il canto di Zaccaria alla nascita del figlio Giovanni, il precursore di Gesù.

Quella dell’aurora è un’immagine chiara. È la luce del giorno, la luce fresca e chiara che improvvisamente rischiara la notte. Non è soltanto luce, ma la prima luce, quella che si porta via l’oscurità e con essa lo spavento e le ansie della notte. Mi viene in mente l’aurora vissuta come sollievo dal letto dell’ospedale. La prima luce dà un conforto particolare, porta con sé l’aria fresca del mattino e i movimenti impercettibili delle persone intorno e insieme a noi, e l’inizio di un giorno nuovo in cui sperare.

Cristo sarà, dice l’Evangelo, come la prima luce del mattino, quella che consola e rischiara. La luce chiara del mattino non consente soltanto di vedere, come la luce di una lampada accesa nel buio, ma fa scomparire le tenebre, le caccia via, e tutto appare improvvisamente così diverso da non sembrare nemmeno più lo stesso: si distinguono i profili delle case, i colori delle cose, e si vede in prospettiva, puoi guardare lontano e vicino con la stessa intensità. È un’immagine splendida per parlare di Cristo: Dio che si fa vicino, lui che viene dall’alto. Egli porta con sé il profilo vero di ogni cosa, e la sua prospettiva che toglie le ombre scure e crea speranza: “L’aurora dall’alto ci visiterà”, visiterà noi: viene dall’alto la luce, ma viene per noi. Questo piccolo pronome personale è l’evangelo: quelli che vivono in tenebre e ombra di morte non sono altri, più sfortunate, più peccatori, più infelici di noi: è la nostra umanità che ha bisogno di luce e di prospettiva per poter sperare, per poter credere. E Dio, appunto, ci fa visita: non siamo destinati alle tenebre ma alla chiarezza, non siamo destinati alla solitudine ma alla comunione, non siamo destinati alla distanza, ma alla vicinanza. Abbiamo bisogno di essere visitati, e il canto di Zaccaria dice che il Signore viene vicino, viene con la sua misericordia, così vicino da fare sua la nostra vita, sue le nostre tenebre, per farci vedere e donarci la vita che vince la morte. Un’esistenza che ha conosciuto il chiarore della fede, che l’ha visto almeno una volta, non lo può più dimenticare.

Foto "Aurora borealis above Lyngenfjorden, 2012 March-3" by Soerfm - Derived from . Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons.

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