L'influenza nefasta della Wagner in Africa
30 giugno 2023
La situazione, tra i conflitti in corso nel continente, è esplosiva
Da tempo l’influenza della Wagner in Africa è in espansione, ma solo oggi tutti scoprono il potenziale nefasto e devastante sul continente africano della rivolta della società di contractors guidato da Yevgeny Prigozhin contro colui che li ha armati: Vladimir Putin.
Nel Sahel, in particolare. attraversando Mauritania, Mali e Burkina Faso, a sud dell’Algeria, già dal 2018 era visibile la presenza russa e palpabile la crescente tensione che avvicinandosi a Niger, Ciad e Nigeria diventava vera e propria allerta. Il proliferare delle azioni dei mercenari schierati dai governi locali per contrastare le attività jihadiste hanno reso la regione più instabile che mai.
La situazione, tra i conflitti in corso nella parte settentrionale e occidentale del continente, compresa la guerra civile in Libia e gli scontri tra militanti tuareg e forze del Mali, è esplosiva.
Dalla seconda metà del 2021 si è fatta più pressante l’azione di contrasto allo jihadismo, soprattutto per l’offensiva delle forze armate del Mali, sostenute dalle milizie russe condannate a più riprese dalla Francia e dai suoi alleati occidentali.
Alla fine del 2021 una dichiarazione con-giunta diffusa dai governi di 16 Stati – tra cui Italia, Germania, Francia, Regno Unito, Spagna, Norvegia, Svezia e Canada – aveva accusato le autorità maliane di aver assoldato il gruppo paramilitare russo, deplorando “con fermezza” lo stazionamento di “truppe mercenarie” nel Paese africano.
Veniva contestata la decisione del governo provvisorio di Bamako di utilizzare gli scarsi fondi pubblici a sua disposizione per pagare combattenti stranieri.
I 16 firmatari di quel documento riservato affermavano di essere a conoscenza del fatto che la Russia stava fornendo “supporto materiale” con l’invio del Gruppo Wagner in Mali ed esortavano Mosca a “tornare a un comportamento responsabile e costruttivo nella regione”.
Con il senno di poi, a fronte dell’invasione dell’Ucraina, appare quasi “ingenuo” l’atteggiamento dellla Francia e degli altri paesi europei coinvolti nella dichiarazione con la quale si stigmatizzava il dispiegamento di mercenari Wagner perché “rischiava di portare ad un aggravamento della situazione dei diritti umani in Mali e minacciava l’accordo per la pace e la riconciliazione” nel Paese lacerato dal conflitto.
L’Unione Europea ha imposto da tempo sanzioni al gruppo Wagner, accusandolo di coinvolgimento in gravi crimini di guerra .
Il gruppo è stato identificato per la prima volta nel 2014 quando sosteneva i separatisti filo-russi nel conflitto nell’Ucraina orientale e da allora è stato coinvolto in diversi altri Paesi tra cui Siria, Mozambico, Sudan, Libia e Repubblica Centrafricana.
Ma Mosca aveva sempre negato qualsiasi legame con il gruppo.
Il gruppo Wagner deve gran parte della sua espansione agli investimenti russi in Africa.
Negli anni la società di contractors ha ampliato esponenzialmente il suo raggio di azione in alcune aree del continente africano, in particolare Libia, Repubblica Centrafricana, Mali e Sudan.
Il gruppo fornisce prevalentemente servizi di combattimento, ma ha anche acquisito una reputazione di abile “stratega” per l’efficacia delle tattiche mediatiche che hanno rafforzato l’influenza della Russia nel continente.
Diversi Stati africani ora collaborano a stretto contatto con Wagner per il supporto e l’addestramento militare nei propri paesi.
La società russa ha garantito, almeno negli ultimi cinque anni, armi, mercenari e altro sostegno a una mezza dozzina di governi autoritari (per lo più guidati dai militari) che “soffrono” per l’isolamento delle sanzioni imposte dalla comunità internazionale.
La Wagner, come altre società militari private – dalla Executive Outcomes del Sudafrica olla statunitense Blackwater – complicano gli sforzi di attori impegnati nei tentativi di pacificazione per stabilizzare paesi in conflitto.
Il gruppo paramilitare porta sui terreni in cui opera non solo soldati privati, ma agenti di intelligence, specialisti minerari e commerciali e persino addetti ai social media, il tutto per aumentare influenza e profitti per se stesso e per il Cremlino.
L’effetto in Africa è stato quello di rafforzare i governi che li hanno assoldati con la forza piuttosto che con la democrazia e la giustizia, favorire la corruzione rispetto alla trasparenza, depauperare piuttosto che sostenere le entrate delle imprese locali e del governo.
Il fine prioritario, mantenere in piedi il più possibile i regimi autoritari dipendenti dalla presenza di Wagner.
La Repubblica Centrafricana è l’esempio plastico di questa strategia.
Wagner ha inviato el 2017 “istruttori militari” nel Paese che si sono trasformati in guardie di sicurezza per il presidente Faustin-Archange Touadera e poi in una forza di combattimento che ora è “uno degli agenti dominanti della violenza politica in Centrafrica”, come evidenzia ACLED, l’osservatorio che monitora le violenze e gli attacchi nel Paese.
Lo stato paga i servizi di Wagner con concessioni per estrarre diamanti, oro e altri minerali preziosi.
Le società legate a Wagner hanno acquisito nel tempo il controllo della principale miniera della regione e non solo. Ha accesso indiscriminato al legname di alto valore delle foreste del bacino del fiume Congo,.
A nulla sono valse le proteste di alcuni imprenditori a Bangui, capitale centrafricana, che hanno denunciato all’USIP, l’autorità governativa di pertinenza, che la Wagner sta rilevando settori dell’economia e produttivi – cacao, caffè, zucchero, alcol e trasporti – sfolando le imprese locali e deviando i redditi dagli africani alla Russia.
In Sudan, altro paese in cui Wagner opera da anni, il gruppo ha collaborato prima con il dittatore Omar Al-Bashir e poi con i generali che ne hanno determinato la caduta con un golpe, fornendo consiglieri ed equipaggiamento per il controllo delle rivolte contro il movimento democratico che si oppone alla Giunta militare al potere che dal 15 aprile, a causa dello sfaldamento dei rapporti tra il presidente Abdel al-Fattah Burhan e il suo vice, Mohabed Ahmadan Dagalo, ha scatenato una guerra che ha già causato migliaia di morti.
Le autorità sudanesi hanno concesso alla Wagner i diritti per raffinare l’oro nella regione del Darfur ed esportarlo “non tassato dal governo”, secondo l’OrganedCrime and Corruption Reporting Project.
I combattenti portati in Sudan dalla Wagner per sostenere l’esercito al potere secondo esperti di diritti umani delle Nazioni Unite sono implicati in “persistenti e allarmanti esecuzioni sommarie, fosse comuni, atti di tortura, stupro e violenza sessuale, saccheggi, detenzioni arbitrarie e sparizioni forzate”.
E la situazione, con una leadership ormai fuori controllo e senza una guida politica, non può che peggiorare.
Antonella Napoli dirige la rivista Focus on Africa. Riprendiamo (per gentile concessione dell'autrice) l'articolo pubblicato sul sito articolo21.org