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Forum ecumenico Africa-Europa sulle migrazioni

Quattro giorni ad Amburgo per scambiare esperienze e idee sulla migrazione e per discutere di "teologia della migrazione". Presente per la Fcei Fiona Kendall.

Dal 15 marzo al 19 marzo scorsi, rappresentanti della Conferenza delle Chiese di tutta l’Africa (Aacc), della Commissione delle Chiese per i Migranti in Europa (Ccme), di istituzioni e chiese tedesche e del Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec) si sono riuniti per quattro giorni ad Amburgo per scambiare esperienze e idee sulla migrazione e per discutere di “teologia della migrazione”. Ospitati dalla Missionsakademie, in diverse sessioni e workshop i circa 50 partecipanti hanno incontrato varie organizzazioni che lavorano con i migranti ad Amburgo.

«Il rapporto tra le chiese africane ed europee ha una lunga storia – spiegano i promotori dell’incontro -. Se in tempi recenti ci sentiamo fratelli e sorelle in Cristo, parte del mondo ecumenico, riconosciamo anche la schiavitù, il razzismo e il passato coloniale. Per il presente e il futuro, ci concentreremo sulla ricerca della stessa base dello stesso Vangelo: sono più le cose che ci uniscono di quelle che ci dividono».

«Il dibattito e le discussioni di questi giorni sono state caratterizzate da onestà e rispetto», ha dichiarato Fiona Kendall, vice-moderatora della Ccme, che ha rappresentato la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) al forum. «Le Chiese, in collegamento con la base e con i politici, sono in una posizione unica per essere sostenitori e agenti di cambiamento. Possiamo essere molto più efficaci se condividiamo le nostre conoscenze ed esperienze».

«La migrazione è sempre stata parte dell’esperienza umana – si legge nel testo delle conclusioni della conferenza -, continuerà ad esserlo ed è parte integrante della storia biblica. Le Chiese e i governi, nell’ambito delle rispettive possibilità, hanno la responsabilità di assicurare che le persone migrino con dignità e che, quando i migranti raggiungono i Paesi ospitanti, siano accolti con compassione ed empatia. […] Il razzismo è un peccato. Tutti i comportamenti e le risposte razziste alla migrazione non dovrebbero mai essere tollerati.

Ci opponiamo al reindirizzamento e al trasporto coatto dei richiedenti asilo, compresi quelli di origine africana, verso l’Africa, come ad esempio l’accordo tra Regno Unito e Ruanda. I migranti sono parte dell’umanità e la criminalizzazione della migrazione è contraria al Vangelo. Incoraggiamo le Chiese di tutto il mondo a opporsi alle politiche che vanno in questa direzione. Il nostro compito è scoraggiare la migrazione irregolare e combattere il traffico di esseri umani, pratiche che impediscono a molte persone di sperimentare l’amore e la bontà di Dio. Dobbiamo concentrarci maggiormente sull’affrontare i fattori che spingono le persone a migrare anche in modi che mettono a rischio la loro vita. Questi includono la povertà, i conflitti e le guerre, la crisi climatica e tutte le sue conseguenze e l’inaccessibilità dei percorsi legali. I retaggi della schiavitù degli africani, del colonialismo e delle missioni coloniali hanno implicazioni significative per i migranti africani che si spostano in cerca di migliori opportunità o che fuggono dal pericolo in Europa.

Noi, rappresentanti delle Chiese in Africa e in Europa, dobbiamo lavorare insieme e promuovere la decolonizzazione del sistema economico, della teologia e dell’educazione e la fine del neocolonialismo. Le Chiese africane e le comunità migratorie della diaspora devono affrontare il razzismo, la discriminazione intra-africana e le divisioni. Le Chiese devono chiedere ai loro governi di rispettare la tutela dei diritti umani quando affrontano le questioni legate alla migrazione».

Masiiwa Ragies Gunda, dirigente del programma del Consiglio ecumenico delle chiese (nato per dare risposte programmatiche al superamento del razzismo) è intervenuto a nome del Cec.

«Il fenomeno migratorio evidenzia la cattiva gestione, storica e contemporanea, sull’utilizzo delle risorse africane. I giovani produttori africani sono spesso esposti a trattamenti degradanti e disumanizzanti e a pregiudizi razziali - ha detto Gunda -. Le chiese, sembrano, invece, essere dei luoghi di speranza per i migranti, ma devono saper abbracciare questo compito di esser spazi sicuri».

Le complicate politiche che regolano la migrazione e il peggioramento della situazione che investe i paesi africani: «stanno spingendo tante persone ad optare per un’migrazione irregolare, pericolosa e rischiosa», ha osservato un migrante africano: «nessun genitore metterebbe il proprio figlio su una barca insicura a meno che non ritenga che questa sia più sicura della terra da cui decide di partire e in cui vive!»

Torsten Moritz, segretario generale della Commissione delle Chiese per i migranti in Europa (Ccme), ha riflettuto sul fatto che, «la migrazione afro-europea è una parte importante della migrazione globale e porta con sé opportunità, sfide e ma anche tanto dolore fatto di morte, di sfruttamento, di sradicamento. La cooperazione tra Chiese africane ed europee rafforzerà possibili risposte a tutto ciò».

Il pastore Fidon Mwombeki, segretario generale della Conferenza delle Chiese di tutta l’Africa ricordando l’impegno esteso alla penisola arabica, ha chiosato: «quale messaggio è necessario inviare alle chiese per presentare la situazione migratoria reale e le sue implicazioni?».

Dietrich Gerstner, della Chiesa evangelica nel nord della Germania, ha evidenziato la forte presenza demografica africana (diaspora) o afro-discendente di persone presenti ad Amburgo, sottolineando il grande lavoro per i rifugiati svolto dalla chiesa e ha posto alcune domande critiche e provocatorie ai partecipanti: «È possibile essere tedeschi senza essere bianchi?» e ancora, «cosa c'è di sbagliato nell’essere neri? Perché non possiamo essere naturalmente accettati - integrati - anche se siamo di terza, quarta o quinta generazione?». Il trattamento dei migranti africani in Europa è spesso contaminato da «atteggiamenti e da politiche razziste».

Altre questione cruciale, «le donne migranti africane, che soffrono doppiamente a causa dei pregiudizi di genere e razziali e i loro bambini perché non si sentono né pienamente europei né pienamente africani».

I partecipanti, dunque, hanno incoraggiato «le chiese ad aprire spazi sicuri in cui i migranti possano condividere le loro esperienze traumatiche per iniziare un vero percorso di “guarigione” e d’inclusione».

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