Qatar. Restrizioni e confinamento per le chiese cristiane
24 novembre 2022
«La vivace comunità cristiana del Paese è totalmente nascosta» ai visitatori e spettatori dei mondiali di calcio
«Mentre i tifosi di calcio di tutto il mondo si riuniscono in Qatar per la Coppa del Mondo Fifa 2022, perché tutte le chiese cristiane ufficialmente registrate in Qatar sono confinate in un unico distretto?» si chiede una portavoce di Porte Aperte, l'organizzazione che si occupa di libertà religiosa nel mondo.
«I visitatori vengono incoraggiati a visitare i musei, gli antichi siti del patrimonio culturale del Qatar e i centri commerciali, ma una cosa che non potranno fare sarà visitare una chiesa» afferma Anastasia Hartman, di Porte Aperte in Medio Oriente «La vivace comunità cristiana del Paese è stata totalmente nascosta».
Tutte le chiese cristiane ufficialmente registrate in Qatar si trovano in uno stesso distretto nella capitale Doha: il complesso di Mesaimeer. Questo complesso è aperto ai cristiani che fanno parte della consistente comunità di espatriati nel Paese, e l’accesso è consentito anche ai visitatori non musulmani. Alle chiese non è permesso esporre all’esterno simboli religiosi, come ad esempio le croci. Le persone originarie del Qatar non sono ammesse all’interno del complesso. Al di fuori esistono alcune chiese di espatriati, ma non hanno il permesso legale di praticare la propria religione.
«Nel 2020, con la diffusione del Covid-19, il governo ha inviato una comunicazione alle chiese informandole che il permesso di riunirsi al di fuori del complesso era sospeso» sottolinea ancora Anastasia Hartman. «Questo ha lasciato oltre un centinaio di chiese senza permesso di operare. Ora che la pandemia si è attenuata, il Paese è di nuovo aperto. Tuttavia, non vi sono segnali che indichino un permesso di riapertura per le chiese. Alcuni segnali indicavano un possibile rilascio di licenze da parte del governo, ma questo poi non è successo».
Intanto, l’esiguo numero di qatarini convertiti al cristianesimo non ha il permesso ufficiale di riunirsi o di esercitare la propria fede. La conversione a una religione diversa dall’islam è considerata apostasia ed è ufficialmente punibile con la morte secondo la sharia. Questa punizione estrema non viene messa in atto da molti anni, ma le famiglie musulmane e i membri della comunità subiscono enormi pressioni. La conversione dall'islam non può essere riconosciuta ufficialmente, con conseguenti problemi legali e perdita di status, custodia dei figli e proprietà, avverte Porte Aperte che aggiunge, sia i cristiani autoctoni sia gli espatriati convertiti al cristianesimo rischiano discriminazione, molestie e monitoraggio da parte della polizia.
Anche le lavoratrici domestiche, per lo più donne cristiane delle Filippine, non hanno vita facile a causa della loro particolare situazione e della dipendenza che ne deriva. Secondo un comunicato stampa dell'Alleanza Evangelica della Germania, spesso non sono in grado di vivere adeguatamente la loro fede.
Il complesso di Mesaimeer è stato creato dal padre dell’attuale Emiro del Qatar, come un atto da parte del governo per promuovere il dialogo interreligioso. Anastasia Hartman afferma: «Si tratta di un gesto positivo. Tuttavia, ora il complesso è decisamente sovraffollato. È ora che i cristiani del Qatar abbiano libertà, perché la libertà religiosa è un diritto umano e non un aspetto da nascondere, come fosse qualcosa di cui vergognarsi».
«L’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite afferma che ognuno dovrebbe avere la possibilità di esprimere la propria fede nell’insegnamento, nella pratica, nel culto e nell’osservanza» ricorda Cristian Nani, direttore di Porte Aperte in Italia.
«Se da un lato apprezziamo i passi avanti per ospitare le congregazioni di espatriati nel complesso di Mesaimeer, Porte Aperte chiede che alle organizzazioni religiose, sia quelle composte da qatarini sia quelle formate da stranieri, venga pacificamente permesso di operare, senza subire interferenze o essere monitorate».
Il Qatar si trova al diciottesimo posto nella World Watch List di Porte Aperte, la mappa che classifica i primi 50 Paesi in cui i cristiani affrontano un livello alto di persecuzione e discriminazione a motivo della propria fede.