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Russia-Ucraina. Nel mirino giornalisti e informazione

La Duma introduce un disegno di legge per introdurre sanzioni penali e reclusione a chiunque diffonda notizie false sulle operazioni militari russe

Il 1° marzo, le autorità russe hanno bloccato l’accesso a due dei principali media indipendenti del paese, Dozhd TV e la radio Ekho Moskvy, con l’accusa di aver diffuso «informazioni deliberatamente false» sull’invasione russa dell’Ucraina. La Federazione internazionale e quella europea dei giornalisti (Ifj ed Efj) hanno condannato la decisione definendola «un tentativo per mettere a tacere la copertura mediatica dell’invasione russa dell’Ucraina».

Dunque, a pochi giorni dall’attaccato rivolto all’Ucraina (abbiamo ricordato la chiusura da parte delle grandi piattaforme della rete l’utilizzo dei social media alla Russia), anche il procuratore generale russo ha ordinato all’organismo di controllo dei media del paese di «limitare l’accesso» ai media, accusati di aver pubblicato «informazioni estremiste» e «deliberatamente false sulle azioni dell’esercito russo in Ucraina».

Le autorità russe stanno dunque aumentando la pressione sui giornalisti che si occupano dei combattimenti. 

La Duma (camera bassa del parlamento russo), «ha approvato un disegno di legge atto a introdurre sanzioni penali a chi diffonda notizie false sulle operazioni militari russe», ricordano le due federazioni sindacali europee dei giornalisti, ribadendo che tali crimini diventano ora punibili con una reclusione fino a 15 anni.

Molti operatori dei media nazionali e indipendenti - tra cui Dozhd TV - sono infatti come «media stranieri» dalle autorità russe, una modalità «che ricorda l’era sovietica», si legge ancora, e dunque «costringendo le testate giornalistiche a rivelare le loro fonti di finanziamento».

Il segretario generale dell’Ifj Anthony Bellanger ha dichiarato: «Le misure restrittive sugli organi di informazione indipendenti russi sono nuovi e ulteriori tentativi del Cremlino per limitare l’accesso alle informazioni libere nel territorio russo» e ha concluso, «condanniamo questa censura».

Oltre cento organizzazioni nazionali e internazionali di giornalisti, per la libertà d’informazione e la difesa dei diritti umani si sono schierate apertamente contro l’invasione dell’Ucraina e contro l’attacco alla stampa in Ucraina e in Russia. 

«Esprimiamo solidarietà al popolo ucraino e in particolare ai giornalisti ucraini che si trovano in prima linea in una guerra europea su larga scala», si legge nel documento firmato, tra gli altri, anche dalla Federazione nazionale della Stampa italiana.

«Condanniamo la violenza e le aggressioni che mettono in grave pericolo migliaia di nostri colleghi in tutta l’Ucraina - afferma la dichiarazione congiunta -. Chiediamo alla comunità internazionale di fornire ogni possibile assistenza a coloro che stanno assumendo il coraggioso ruolo di documentare cosa accade nella zona di guerra che ora è l’Ucraina. Condanniamo la violenza fisica, gli attacchi informatici, la disinformazione e tutte le altre armi impiegate dall’aggressore contro la stampa ucraina libera e democratica. Siamo anche solidali con i media indipendenti russi che continuano a riportare la verità in condizioni senza precedenti».

Le forze armate russe, in particolare, «stanno tentando di oscurare l’Ucraina distruggendo i ripetitori e attaccando la torre della Tv, contro la quale nelle scorse ore sono stati lanciati missili che hanno distrutto gli edifici adiacenti – si legge sul sito per la libertà d’informazione Articolo 21 liberi di… –. Fortunatamente, malgrado il brutale attacco contro le infrastrutture dei media e dunque contro la libertà fondamentale di informare, la torre non è stata distrutta e la Tv Ucraina continua a funzionare».

Commentando le notizie sulla censura imposta dalle autorità russe agli organi d’informazione nazionali e sulla repressione delle proteste contro l’invasione dell’Ucraina, la direttrice di Amnesty International per l’Europa orientale e l’Asia centrale Marie Struthers ha diffuso la seguente dichiarazione:

 «Di fronte a migliaia di persone che in tutta la Russia manifestano contro la guerra, il Cremlino continua a ridurre al silenzio le proteste e obbliga gli organi di stampa nazionali a sostenere le sue posizioni. Usando la forza per disperdere le manifestazioni contro la guerra e censurando l’informazione, le autorità russe ricorrono sempre di più alla repressione mentre nell’opinione pubblica cresce l’orientamento contrario alla guerra», mentre «gli organi di stampa controllati dallo Stato collaborano a “tappare la bocca” a chi è contrario alla guerra. Il sollevamento dall’incarico del presentatore televisivo Ivan Urgant e la decisione di escludere la rispettata giornalista Elena Chernenko dal pool di giornalisti che seguono le conferenze del governo, solo per aver scritto una lettera contro la guerra, mostrano bene il disprezzo delle autorità russe per la libertà di stampa».

Nei primi quattro giorni di invasione, la polizia russa ha regolarmente usato la forza per disperdere le proteste, in continuo aumento. Secondo l’organizzazione non governativa per i diritti umani Ovd-Info, sono stati arrestati oltre 5900 manifestanti in 67 città. Il 24 febbraio il filosofo politico Grigory Yudin è stato picchiato dalla polizia, ha perso conoscenza e ha trascorso un breve periodo di tempo in ospedale.

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