Cec. Verso l'Assemblea nella consapevolezza del valore di un organismo globale
21 febbraio 2022
Il pastore valdese Michel Charbonnier racconta l'ultima sessione di Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle chiese, focalizzato sulla prossima assise
Una situazione difficile, complessa, quella che deve portare il Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec) alla propria XI Assemblea generale, il cui svolgimento è previso nel periodo 31 agosto – 8 settembre a Karlsruhe, in Germania, dopo che l’anno scorso essa non si potè tenere a causa della pandemia. Ne parliamo con Michel Charbonnier, pastore a Torre Pellice, che fa parte da alcuni anni del Comitato centrale del Cec stesso - organismo di cui la Chiesa valdese fa parte fin dalla fondazione avvenuta nel 1948 - partendo proprio dalla preparazione dell’Assemblea:
«L’Assemblea generale è il momento “alto” nella vita del Consiglio ecumenico, l’organizzazione avviene con un anno di ritardo, essendo stato impossibile tenerla nel 2021: su questo dato si è concentrata la sessione del Comitato centrale che si è tenuta dal 9 al 15 febbraio. A questo proposito, con l’obiettivo di tenere comunque l’Assemblea “in presenza”, vengono previsti tre scenari, con gradualità diversa, per quanto riguarda la partecipazione: da uno scenario più ristretto, limitato ai soli delegati, a due tipologie più estese quanto agli osservatori e al “popolo ecumenico globale”. Molto sarà condizionato da quella che sarà la virulenza della pandemia nei prossimi mesi, e i problemi non mancano: problemi di visti a seconda dei Paesi di provenienza, e conseguenti eventuali quarantene per gli arrivi da determinati Paesi, riconoscimento o meno della validità di vaccini prodotti in altre zone del pianeta, ecc... È ovviamente complesso prendere decisioni su questa materia da parte di un organismo che conta oltre 350 Chiese membro, e che hanno, oltretutto, modalità diverse nella nomina dei propri delegati, dal modello episcopale a quello di un esecutivo che sceglie i suoi rappresentanti o da quello dei Ländertedeschi che mandano ciascuno una propria quota di rappresentanza».
– In vista della preparazione dell’Assemblea, però, il lavoro “ordinario” del Cec non si è fermato...
«È proseguito – come è proseguito e prosegue in altri organismi, nelle modalità consentite dal perdurare della pandemia. Le Commissioni hanno continuato a lavorare grazie alle tecnologie: “Fede e costituzione”, “Missione e evangelizzazione”, così come hanno continuato a essere operativi i gruppi di lavoro nominati ad hoc o delle Commissioni che, anziché all’Assemblea, rispondono direttamente al Comitato esecutivo. Per esempio è stato da poco approvato il Regolamento di una commissione dedicata specificamente ai problemi della salute; e poi ancora ci sono le strutture che svolgono operazioni di advocacy presso enti sovranazionali, dall’Onu alla Fao, etc. Tutto questo lavoro converge poi sull’Assemblea generale e da lei riceve nuove indicazioni e orientamenti. Se lo svolgimento dell’Assemblea dovesse essere limitato dalla pandemia, oltre a depotenziarla, ne risulterebbe dunque una serie di problemi per il lavoro successivo, nonostante il grande lavoro che viene svolto costantemente dallo staff e dagli uffici dei vari settori».
– La difficoltà pratica di organizzare la prossima Assemblea va però considerata alla luce del “metodo” con cui il Consiglio ecumenico conduce i propri lavori, che è irrinunciabile...
«Una gestione che si dovesse protrarre “a distanza” influirebbe sulla gestione e sull’amministrazione democratica, già di per sé delicata dovendo mettere in dialogo Paesi diverse e Chiese diverse, affinché chiunque possa sentirsi rappresentato. Questa del Comitato centrale è stata la seconda seduta online, e ha avuto tempi contingentati e ridotti, l’ultima in presenza risale al 2018, quando papa Francesco venne in visita al Cec a Ginevra. Ma, a parte le difficoltà tecniche (legate per esempio anche ai diversi fusi orari: perché ci si dovrebbe convocare sempre negli orari ottimali per l’Europa?), la difficoltà sta nel metodo delle decisioni del Cec, che si fonda sulla ricerca del consenso, dunque sul convincimento reciproco, e non sull’approvazione a maggioranza. Ovviamente online tutto diventa più difficile, e richiede, da parte di chi presiede e conduce i lavori grande bravura e equilibrio. In questi anni di presenza nel Comitato centrale, ho potuto partecipare solo a due sessioni in presenza e fra le difficoltà c’è anche il fatto che, causa la mancata Assemblea nel 2021, il segretario generale padre Sauca è in carica ad interim dopo la conclusione del mandato del pastore Tveit: ciò detto, essere un organismo “globale” e complesso per estensione geografica, che poi è complesso anche a livello ecumenico per la varietà di sensibilità delle Chiese rappresentate è di per sé una cosa difficile, che paga un prezzo molto alto alle difficoltà del momento. Ma proprio perché circostanze avverse hanno messo in difficoltà il modo di lavorare del Cec, si avverte al tempo stesso tutta la bellezza di questo organismo, che sta nel valore della complessità nei pronunciamenti: a questi ultimi, infatti, si arriva nonostante la complessità, e anzi, proprio grazie alla complessità».