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Le promesse mancate del programma COVAX

L’iniziativa, che mirava a portare vaccini contro la Covid-19 nei Paesi più poveri, non è riuscita a soddisfare i suoi obiettivi: restano molte domande e disparità

Nel tentativo di dare risposta alle pressanti esigenze imposte dalla pandemia, nell’aprile del 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato l’iniziativa Access to COVID-19 Tools Accelerator, al cui interno è compreso il programma COVAX. Si tratta di un meccanismo innanzitutto di supporto alla ricerca, allo sviluppo e alla produzione di vaccini per contrastare la COVID-19, ponendosi come obiettivo secondario una certa riduzione dei prezzi dei farmaci per consentire una più equa distribuzione a livello globale.

Su questo punto si è insistito molto sin dal momento della nascita del programma COVAX: il prezzo in alcuni casi anche molto alto dei vaccini (si pensi, ad esempio, al fatto che una singola fiala del vaccino Comirnaty prodotto da Pfizer-Bointech costa circa 20€) non sarebbe sostenibile da parte dei Paesi più poveri, con gravi ripercussioni sulla popolazione. «Tutti i paesi partecipanti, indipendentemente dai livelli di reddito, avranno pari accesso a questi vaccini una volta sviluppati», si legge sul sito di Gavi, ente internazionale per la cooperazione tra soggetti pubblici e privati per proteggere la salute generale e, in particolare, aumentare l'accesso all'immunizzazione nei Paesi con economie in difficoltà. Il sito di Gavi, scendendo nello specifico, dichiara ancora: «Per le nazioni a basso reddito, che altrimenti non sarebbero in grado di permettersi questi vaccini, così come per un certo numero di paesi autofinanziati ad alto reddito che non hanno accordi bilaterali con i produttori, COVAX è letteralmente un'ancora di salvezza e l'unico modo praticabile per quali i loro cittadini avranno accesso ai vaccini COVID-19».

Malgrado i buoni propositi, sul campo la situazione sembra però essere diversa. Lo ha sottolineato di recente un’inchiesta giornalistica pubblicata su The Bureau of Investigative Journalism: nei primi 18 mesi di attività il meccanismo COVAX non ha prodotto i risultati sperati, e, anzi, i suoi presupposti sembrano essere ribaltati.

Negli Stati più ricchi si sta oggi discutendo dell’opportunità di fornire terze dosi o booster alle persone più fragili o a coloro che lavorano in prima linea per il contrasto della pandemia: ne è un esempio il recente dibattito negli Stati Uniti o in Gran Bretagna, dove i governi premono in direzione di richiami per ampie fasce di popolazione. Ben diversa la situazione nei Paesi poveri, in cui si stima che circa il 98% dei cittadini non è ancora stato vaccinato.

A livello globale il programma COVAX ha contribuito solo al 5% della distribuzione di vaccini, ed è stato recentemente annunciato che non verrà raggiunto l’obiettivo della consegna di 2 miliardi di dosi entro il 2021 promesse all’avvio dell’iniziativa.

L’inchiesta parla di confusioni, ritardi o mancate consegne, con evidenti conseguenze sulla prosecuzione delle campagne vaccinali soprattutto in contesti in cui, per ragioni strutturali, i sistemi sanitari hanno grandi difficoltà organizzative. Interi lotti di vaccini in scadenza sono stati rimandati indietro o gettati perché i governi locali non hanno potuto organizzare al meglio la distribuzione sui territori a causa del poco preavviso.

Alcuni Paesi hanno quindi tentato di aggirare l’ostacolo che a questo punto costituiva COVAX prendendo direttamente accordi con le aziende farmaceutiche, ma a causa delle condizioni economiche svantaggiose si sono trovati in fondo alla fila, ancora in attesa.

Ciò che emerge da questa indagine costituisce un panorama a tratti desolante, riflesso di un mondo in cui, malgrado i buoni presupposti e i più alti scopi, le differenze economiche contano ancora più delle problematiche sanitarie, con divari che vanno sempre più aumentando invece di diminuire. A poco servono gli avvertimenti di chi sta studiando l’epidemia dal punto di vista medico: sarà molto difficile, se non impossibile, debellare il SARS-CoV-2 finché non sarà vaccinata la maggior parte della popolazione del pianeta. Eppure, a farne le spese dal punto di vista sanitario, economico e sociale saranno ancora una volta gli ultimi.

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