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Una Festa della Riforma oltre la prospettiva eurocentrica

La riflessione di un pastore presbiteriano invita a guardare al di là delle storie più conosciute, rendendo giustizia alla grande varietà culturale presente nelle chiese odierne

Si avvicina il 31 ottobre, festa della Riforma protestante, celebrata di solito nella domenica più vicina a quella data, che quest’anno coincide proprio con il 31 ottobre. Per le chiese si tratta di ricordare non solo l’azione dirompente di Martin Lutero e delle sue “95 tesi”, ma le riforme venute dopo o accanto a lui in altri paesi e contesti. Il rischio però è di concentrarsi su una dimensione eurocentrica e un po’ “glorificante”.

Una riflessione interessante in questo senso è portata da Scott Szabo, pastore della chiesa presbiteriana di Oxford (Pennsylvania) che in un articolo sul sito della PcUsa commenta la sua sensazione ambivalente: da una parte il fascino delle storie, quasi “mitiche” della riforma, da Lutero alla Dieta di Worms, alla Ginevra di Calvino, a John Knox e la “Kirk” scozzese.

L’importanza storica della Riforma è innegabile, dice Szabo, «eppure, quando si tratta di osservare il giorno della Riforma, esito, ancora incerto su che cosa fare esattamente. Mentre mi piace leggere le gesta dei Riformatori, sono fortemente consapevole che molti di loro hanno promosso le loro convinzioni nonostante una notevole opposizione. Molti di loro furono dei perdenti, rischiando la vita per servire il messaggio che credevano fosse loro compito trasmettere. Questa non è la mia storia, né la storia della maggior parte di quelli con cui ho condiviso il ministero nel corso degli anni». I Riformatori, scrive Szabo, vengono piuttosto celebrati «dal punto di vista del vincitore».

Ci sono almeno due aspetti che vanno considerati per una giusta celebrazione della Riforma, secondo il pastore: il primo è provare un adeguato dolore per «la frantumazione della Chiesa che ne è derivata» e al tempo stesso percepire «i modi in cui lo Spirito si è mosso nei secoli successivi per portare la guarigione al corpo fratturato di Cristo».

Il secondo è non limitare la celebrazione della Giornata della Riforma a ciò che successe nel XVI secolo, riaffermando «una falsa narrazione per cui il cristianesimo è competenza di maschi bianchi europei».

Ormai quasi tutti sono consapevoli che non è così, aggiunge il pastore, ma avverte anche che ci sono «tradizioni che riaffermano involontariamente questa falsità, o per lo meno fanno ben poco per mettere in dubbio la sua forza duratura». Ricorda per esempio l’infanzia in una chiesa luterana in una zona in cui molti erano immigrati dalla Germania, e in cui capitava che le comunità celebrassero il Giorno della Riforma con una cena in stile tedesco. «Celebrazioni come queste possono essere molto divertenti. Ma rischiano anche di comunicare un messaggio di appartenenza definito in modo ristretto ed esclusivo rispetto all’intera gamma di diversità che oggi compone le nostre denominazioni».

Ritiene che le chiese che celebrano questa ricorrenza «in modo convincente sono quelle che fanno emergere le storie di una riforma continua in atto nella Chiesa, soprattutto perché si tratta di assicurare che tutte le persone siano accolte come partecipanti in modo pieno ed eguale nel Corpo di Cristo».

Ecco quindi alcuni modi per ricordare la Riforma protestante: indossare qualcosa di rosso, simbolo del dono dello Spirito ricevuto a Pentecoste e della continua riforma della Chiesa; promuovere iniziative multiculturali, che esprimono la diversità della comunità; imparare dagli altri: organizzare momenti di dialogo con cristiani di altre tradizioni, discutendo sulle relative somiglianze e differenze; e, last but not least, far sentire le voci delle donne riformatrici: i materiali pubblicati su carta e su Internet non mancano…

e quindi: buona Festa della Riforma!

 

Foto (via Istock): dettaglio del portale esterno della chiesa del castello (Schlosskirche) di Wittenberg con l’incisione delle 95 tesi di Lutero, realizzato in bronzo nel 1858 sostituendo l’originale in legno.

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