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Corridoi umanitari, nuovi arrivi in Francia

Con le cinque famiglie siriane giunte sabato 17 a Parigi si chiude il primo protocollo di Corridoi umanitari fancesi mutuata dall'esperienza italiana promossa dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia

Cinque famiglie sono state accolte sabato 17 ottobre nell'ambito dei Corridoi Umanitari francesi, un progetto sostenuto, tra gli altri, dalla Federazione protestante di Francia e dalla Diaconia protestante transalpina. Questi arrivi completano il programma di questo primo protocollo firmato nel 2017, mutuato dall'esperienza italiana promossa dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia, dalla Chiesa valdese e dalla Comunità di Sant'Egidio.

Le cinque famiglie siriane, rifugiate in Libano, saranno ospitate nell'ambito del protocollo sui corridoi umanitari istituito dal 2017 tra il Ministero dell'Interno, il Ministero degli Affari Esteri e le organizzazioni cristiane, che comprendono oltre alle già citate, anche il Secours Catholic-Caritas France, la Conferenza dei Vescovi di Francia e la comunità di San Egidio. Tale protocollo prevedeva l'accoglienza in Francia di 500 rifugiati siriani e iracheni in situazioni di grande vulnerabilità (problemi di salute, disabilità, famiglia con bambini piccoli).

Due famiglie saranno accolte dalla Fep, la Diaconia francese. Domenica mattina si uniranno ai gruppi di cittadini che si prenderanno cura di loro, uno nel Basso Reno e l'altro nel Tarn. «I collettivi di cittadini riuniscono tra le 20 e le 30 persone, forniscono alloggio alle famiglie e le sostengono nella domanda di asilo e nel processo di integrazione» spiega Guilhem Mante, coordinatrice del programma di accoglienza per stranieri della Fep. I gruppi beneficiano del sostegno delle associazioni membro della Federazione protestante di mutuo soccorso nelle procedure amministrative, comprese le domande di asilo.

«L'obiettivo iniziale è stato raggiunto e questa è una buona cosa», afferma Mante. I protestanti hanno largamente preso parte al programma avendo accolto metà di questi rifugiati. «Le conseguenze vanno oltre le nostre aspettative. Perché abbiamo visto che i collettivi raccoglievano un sostegno molto più ampio anche al di fuori delle comunità cristiane e hanno avuto così modo di formare anche altri cittadini colpiti dall'arrivo di queste famiglie. Non solo le persone sono state felicissime di riunirsi attorno a un progetto di accoglienza e solidarietà, ma quest'ultimo permette anche di sensibilizzare le persone al viaggio verso l'esilio. Le famiglie ricevute stringono legami molto forti con i membri del collettivo, che li aiuta nella loro integrazione. Un tale progetto offre ai collettivi, spesso dislocati in zone rurali o semirurali, la possibilità di restituire significato e coesione sociale in aree che spesso si sentono abbandonate dalle autorità pubbliche».

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